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Attenzione: NON faccio scambio link e banner - grazie! Vendo tavole originali dei miei lavori bonelliani e realizzo disegni su commissione (per info p.mandanici@gmail.com)



venerdì 27 maggio 2011

Altri consigli per gli acquisti

Lorena Canottiere è una bravissima disegnatrice che purtroppo qualche anno fa è andata via da Milano per trasferirsi a Torino (dico purtroppo perché le occasioni di vedersi si sono ridotte drasticamente).
Lavora soprattutto come illustratrice ma quando può realizza anche belle storie a fumetti - e comunque  da qualche tempo ci allieta con i suoi (veri) vispi bambini di "ça pousse", ospitati anche sulla rivista Animals.
"Oche" è un volume uscito da poco presso la Coconino Press (qui potete vedere anche qualche tavola), che Lorena il 3 giugno presenterà a Torino presso la libreria Linea451.
Ho avuto il privilegio di leggere diverso tempo fa una prima bozza della storia, su cui Lorena poi ci ha lavorato molto. La storia è ambientata a Torino e racconta dell'amicizia di tre ragazzi dalle storie familiari molto diverse; all'interno di questa storia vedremo inserirsi ogni tanto un sogno di uno dei protagonisti (segnalato anche dalle uniche tavole a colori) il cui testo è tratto da un testo di Sergio Atzeni.

Qualche anno fa in una libreria venni attirata da un libro con in copertina del vello di pecora (be', una specie di lana che fungeva da vello); letta la trama comprai subito il libro, divertendomi molto. La protagonista è una specie di Miss Marple pecora (che infatti si chiama Miss Maple) che deve indagare su un delitto avvenuto all'interno del suo gregge di pecore.
Di animali antropomorfizzati e pure detective ce ne sono sempre stati nei libri, ma queste pecore conservano una loro animalità, e la scrittrice Leonie Swann riesce a rendere in maniera abbastanza originale il loro modo di pensare e di vedere le cose.
Adesso è uscito il secondo capitolo delle avventure di Miss Maple, che io ancora devo acquistare e leggere. ma consiglio a tutti di comprare l'edizione economica di "Glenkill", stampata per l'occasione (senza vello però).

Infine un fuori tema, un consiglio per una app per chi ha un iPod Touch o un iPad (ma anche un computer con Windows o un Mac): chi ha voglia di scarabocchiare un poco avendo però un programmino allo stesso tempo semplice e dotato di diversi strumenti (i livelli, diversi tipi di pennelli, possibilità di trasferire istantaneamente i propri schizzi sul pc, su Flickr o Facebook, su iTunes o iPhoto, ecc.), economico (la app per iPhone/iPod costa 0,79 c ) c'è SketchBook, pronto per essere provato anche in versioni light free.
Io non è che sia una patita del disegno su iPod, troppo piccolo lo schermo, però in alcuni casi se non si ha nient'altro sotto mano si possono fare delle cose decenti (posto qui una mia Milou disegnata con questo programmino). Per l'iPod trovo che sia un po' difettoso il "tasto" che serve a dimensionare il pennello, ma per il resto il prezzo vale l'acquisto. Per certi versi l'ho trovato più usabile e comodo di Brushes, una app simile ma un pochino più costosa.

martedì 24 maggio 2011

Retini nel fumetto: sì o no?

In occasione della pubblicazione del mio ultimo lavoro a fumetti (la storia “La regina dei robot” uscito su Universo Alfa n. 8, scritto da StefanoVietti) diverse persone hanno fatto degli appunti sulla presenza dei retini nell'albo, sia nei commenti a questo post, sia nel Nathan Never Forum, luogo preposto per gli appassionati di tutto il mondo neveriano.
A dire la verità le critiche di chi non ama la presenza dei retini negli albi Bonelli sono cominciate ad apparire da un po', ma i miei interventi, aggiunti all'argomento “fumetto disegnato al computer”, hanno acceso un po' di dibattito al quale vorrei dare un mio contributo più chiaro e organico, e non disperso nei botta e risposta delle varie discussioni nel Forum (di cui consiglio la lettura: qui la discussione sul mio Universo Alfa, qui invece su “China o silicio?”).
I retini all'interno degli albi bonelliani sono apparsi in epoca relativamente recente, e da molti lettori affezionati al canone bonelliano sono stati visti un po' come un “intruso stilistico”. Che poi col tempo si sia formato un ampio pubblico che ha imparato ad apprezzarli, o a fare dei distinguo sul modo in cui vengono usati, ebbene, fa piacere, ma esiste pur sempre uno zoccolo duro che davvero non li sopporta se non in piccolissime dosi o per nulla.

Perché si usano i retini nel fumetto? Non so di preciso quante risposte esistano, ma una di queste è certamente il desiderio di arricchire il disegno, di avere più possibilità di giocare con tonalità aggiuntive che non siano il colore. Con il retino si ha l'alternativa all'uso della mezza tinta, della scala di grigi; in stampa per ragioni economiche non sempre si ha la possibilità di “sfuggire” al monocromo, e l'uso del retino permette di aggirare il problema.
Io nella mia carriera di fumettista non ho praticamente mai usato il retino (qua un raro mio fumetto retinato) perché il suo uso mi sembrava estremamente faticoso; ricordo i mitici retini Letraset che solo l'avvento del digitale ha fatto praticamente scomparire: una volta usarli voleva dire spenderci tempo e avere tanta pazienza.
Solo da pochi anni ho imparato a usare qualche software digitale; dapprima ho iniziato a realizzare qualche effetto grafico (come ne “Il segreto dei numeri primi), poi arrivando a disegnare per una serie nuova come “La squadra fantasmaAntonio Serra mi ha suggerito l'uso esteso dei retini a partire dalla prima storia, come elemento stilistico importante del disegno nella serie.
Come ho già spiegato in vari interventi l'intento di Serra era quello di cercare di rendere maggiormente “realistico”, plastico e fantascientifico il mio segno, e quando ho iniziato a usare con una certa disinvoltura computer e tavoletta grafica si pensava che avrei potuto provare questa strada per me del tutto nuova (aggiungo che l'ho fatto volentieri, altrimenti Serra non avrebbe mai potuto “impormelo”, sia perché non è nel suo carattere, sia perché non è utile ai fini della “resa artistica” di un disegnatore).
Usando Photoshop esistono diverse tecniche per applicare i retini, le più note sono quelle che usano dei pattern preparati appositamente (se ne trovano anche sul web da scaricare) o che usano la conversione in punti dei toni di grigio (con tutto un procedimento di copia livello e conversione in bitmap); io mi sono fatta spiegare quest'ultima tecnica da Luca Enoch ed è quella che ho usato per la prima storia de “La squadra fantasma”(Universo Alfa n.2, "Minaccia androide").
Ammetto che in questo primo lavoro ho esagerato con i retini – e comunque non avevo ben chiaro come sarebbero stati resi in stampa (molto più scuri di come li vedevo io a schermo o anche stampati in prova a casa). Nella mia testa i retini li intendevo sostitutivi della mezza tinta, ma l'inesperienza ha giocato a mio sfavore.
Sia in questa prima storia che nella seconda (“La città delle sabbie”) realizzavo delle normali tavole tutte “a mano”, successivamente le scansionavo per la retinatura al computer. In “Minaccia androide” come detto ho utilizzato Photoshop, nella storia successiva invece è entrato in gioco Manga Studio, programma di cui tanto ho parlato in questo blog (e che solo col tempo ho imparato a padroneggiare - con ancora margini di miglioramento).
Credo che la differenza tra la prima e la seconda storia de “La squadra fantasma” sia evidente: l'uso diretto dei retini (senza la mediazione della scala di grigi e della conversione) mi ha permesso un uso più oculato degli stessi.
Con l'ultimo “La regina dei robot” ho alleggerito ulteriormente la retinatura usandone di meno tipi (la cui resa è sempre incerta in stampa) e usando meno le sfumature. Per chi non se ne fosse accorto sono anche passata all'inchiostrazione digitale totale: non esistono originali di queste tavole, se non le matite, tracciate anche con cura minore data la facile possibilità di correzione e aggiunte in Manga Studio.
In Manga Studio così come esiste il pennello per il segno “in china nera” esiste il “pennello retino”: ovvero lo stesso pennello può essere usato per stendere il segno pieno (nero o bianco) oppure il retinato di qualsiasi tipo; questo comporta che io veda immediatamente a schermo l'effetto del retino sulla tavola.
Sono abbastanza soddisfatta del risultato finale in questo albo che è in edicola ma ci sono ancora diversi problemi, in particolare la resa di certe sfumature, certi effetti (di cui ho parlato nel post precedente), anche l'uso che ho fatto della “deterinatura” per ottenere effetti di luce; inoltre in alcune vignette il retino è ancora troppo scuro rispetto a quel che desideravo (ma qui magari si tratta di eliminare del tutto il retino al 50%).

Non è necessario amare i manga per amare i fumetti retinati: in occidente c'è una lunga tradizione di uso dei retini, da Topolino alle strisce giornaliere dei fumetti classici americani, fino ad arrivare ai nostri Diabolik e Sturmtruppen (accenni volanti, non sono in grado di fare una vera e precisa rassegna storica).
In ogni caso io e molti della redazione di Nathan Never amiamo i manga, e tanto buon fumetto di fantascienza proviene da lì e fa parte del nostro background culturale. Rimanendo in ambito Bonelli c'è l'esempio di Luca Enoch (con Gea e Lilith) che usa i retini in maniera eccelsa avendo in mente, credo, la lezione di tanti manga.
Io ho sempre amato l'uso che fanno certi mangaka del retino; per me il retino si può integrare bene nel disegno e farne totalmente parte, non solo per l'uso di effetti o per la resa di macchinari e navi spaziali. Ci sono diversi esempi di fumettisti che usano i retini al posto del nero per equilibrare le tavole, per differenziare costumi, vestiti, per far risaltare certe figure in momenti drammatici, per renderle più plastiche, ecc.
E' vero che il fumetto bonelliano non è assimilabile a quello giapponese, per cui l'uso del retino deve essere visto in altra ottica, ma non per questo deve essere escluso o limitato, specialmente in serie moderne come quelle di Enoch e del personaggio fantascientifico Nathan Never.
E' proprio in una serie come quella di Nathan che dovrebbe esserci più spazio per “sperimentazioni” (sappiamo che ci sono dei limiti, in ogni caso) e utilizzo di tecniche più moderne (non dico che dovrebbe essere obbligatorio, solo che sia possibile per chi ne ha voglia); il discrimine dovrebbe essere quello dell'abilità dei singoli disegnatori.
Come ho già spiegato non c'è una direttiva unica che spinga noi disegnatori verso la retinatura o il computer: piuttosto c'è sempre stata una cura particolare da parte del curatore e redattore Antonio Serra nel cercare di trarre il meglio da ogni disegnatore cercando di stimolarlo e farlo evolvere, ovviamente nell'ottica del tipo di storie che in quel momento gli sono affidate. Prima dell'avvento negli studi di quasi tutti i disegnatori di pc e software grafici l'atteggiamento di Serra è sempre stato il medesimo; adesso che ci sono possibilità tecniche in più si cerca di trarre giovamento da questi strumenti, il tutto rapportato alla voglia e alle necessità del disegnatore.
A parte l'uso dei retini sia io che Serra siamo convinti che il mio segno sia maturato abbastanza da poter tornare su Nathan Never con una scelta stilistica più ampia; tra poco mi rimetterò al lavoro su una nuova storia, e l'uso dei retini adesso sembra un'opzione come un'altra. Considerata la particolarità di Universo Alfa e l'esperienza fatta con i retini (e relative problematiche) credo che li userò ancora su Nathan, ma in maniera molto più limitata.

Continuerò di sicuro a inchiostrare le tavole digitalmente. Il motivo principale è che riesco a controllare meglio il segno e a vedere con più agio i particolari; aggiungo che Manga Studio (almeno per come lo uso io) non mi fa risparmiare tempo, ma sicuramente mi evita una serie di operazioni propedeutiche alla realizzazione della tavola che sono di solito un po' noiose, lasciandomi più tempo per la cura del disegno vero e proprio (parlo della squadratura, della “sgommatura” delle matite, e altre piccole cose).
Per chi non conosce bene l'uso dei software digitali voglio assicurare che non “aiutano” immeritatamente un disegnatore a migliorare il suo disegno inteso come qualità artistica e talento: se si è scarsi in origine si rimane scarsi anche con Manga Studio. Quando io ripasso a “china” digitalmente le mie tavole a matita (realizzate nello stesso identico modo in cui le realizzavo “prima”, ovvero a mano su carta) compio sulla tavoletta grafica gli stessi gesti che avrei compiuto dal vero con pennello e pennarelli; se disegnavo male prima sicuramente non disegnerò meglio con Manga Studio...
Certamente Manga Studio mi facilita ad esempio nella realizzazione di una prospettiva poiché esiste uno strumento che permette di tracciare delle linee seguendo i punti di fuga (strumento che uso solo in vignette grandi e complicate): detto ciò se non si ha un po' di senso della prospettiva per impostare tali punti non è che il software possa farlo al posto nostro; così come lo strumento che mi permette di ingrandire o rimpicciolire parti del disegno non mi dice dove e come ho sbagliato le proporzioni (infatti qualche volta non le azzecco e non riesco ad individuarle prima di consegnare le tavole...).

La scelta di usare il computer non è indice né di evoluzione (inteso come miglioramento) né di modernità a tutti i costi: quello che conta è il risultato finale, e come ci si arriva è ininfluente. Non esiste una contrapposizione tra carta e digitale; le due scelte possono benissimo andare avanti insieme, e dal digitale si può tornare alla carta e viceversa: basta realizzare dei buoni fumetti e tutto è utilizzabile.
 Se l'uso di retini e di inchiostrazione digitale sembra peggiorare il disegno di qualcuno (che poi spesso sono opinioni non univoche) non è colpa dell'uso di queste tecniche in sé quanto di errori del disegnatore; così come si dice a volte che un disegnatore ha esagerato con le ombre o con il tratteggio così si può esagerare con i retini senza per questo dover demonizzare il loro uso in sé; a meno che si abbia un'allergia ai retini che va al di là di considerazioni su come sono stati utilizzati da quel dato disegnatore.
La scelta del retino non è fatta a cuor leggero, o fatta per “coprire” un segno carente (se lo fa è un effetto collaterale, per così dire): è una precisa scelta stilistica, di gusto anche, che può piacere o non piacere. Se certe tavole deretinate piacciono più delle stesse retinate non è per forza che queste siano inutili o sbagliate; spesso lo stesso discorso lo si fa sulle tavole colorate o meno: si tratta di gusti, un autore fa una scelta perché ha in mente quello di comunicare un'atmosfera, un piacere estetico, qualsiasi cosa – non certo per imbruttire le sue tavole o nascondere magagne nel disegno.
So di non aver convinto i detrattori dei retini o dell'inchiostrazione digitale, ma mi premeva puntualizzare delle cose e chiarire che nessuno in Bonelli è costretto ad essere "moderno e tecnologico" - qualsiasi cosa voglia dire.

Per chi volesse saperne qualcosa di più sui retini, sulla maniera di usarli qui ci sono un po' di link: qui un video tutorial su come creare dei retini/pattern con Photoshop; qui un post sullo stesso argomento; qui per creare retini addirittura con Illustrator; qui in un video un disegnatore giapponese fa vedere quanto difficile è applicare i retini in un manga (perlomeno noioso); qui un tutorial di Sergio Algozzino sui retini.

mercoledì 18 maggio 2011

La squadra fantasma n.3 : “La regina dei robot”

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Copertina: Massimiliano Bertolini
Dal 17 di maggio è in edicola il semestrale di Universo Alfa con il terzo e ultimo  numero della serie “La squadra fantasma, quello di cui ho parlato abbondantemente in questo ultimo anno e mezzo.
Stefano Vietti ha usato parole molto lusinghiere per me nella sua “postfazione” a fine albo, e lo ringrazio molto: è stata una lunga e bella  avventura durata 4 anni, e adesso le nostre strade si dividono purtroppo (almeno momentaneamente, in futuro chissà…).
Ieri per la prima volta ho potuto leggere la storia di un fiato, con tutti i testi al loro posto, con il ritmo che ha qualsiasi lettore di albi del genere. Quello che ho notato è che la sceneggiatura non ha un attimo di stanca e che la storia funziona e fila via con un certo divertimento, per me che pure la conoscevo a memoria!; poi ho notato anche tante piccole cose che non vanno nei miei disegni – ma qui vorrei essere più precisa per non sembrare la solita lamentosa insoddisfatta…
Mi è stato chiesto come posso rileggere le mie cose subito dopo che le ho terminate; giusta domanda, di norma lascerei certo più tempo per “allontanarmi” un po’ dalla frenesia che caratterizza ogni lavoro, anche per poterlo giudicare meglio, solo che non me lo posso permettere: tra poco inizierò un Nathan Never molto impegnativo e dovrò subito impostare il mio stile, prendere delle decisioni che avranno conseguenze per il mio lavoro per un anno almeno. Rileggere ed analizzare questo ultimo albo de “La squadra fantasma” per me è molto importante.
Cosa ha funzionato? Cosa meno? Dove posso migliorare il disegno? Dove il retino non ha reso come avrei voluto? In base a queste risposte deciderò di continuare la mia naturale evoluzione stilistica in un senso o in un altro.

Il primo punto fermo è che l’inchiostrazione digitale funziona, mi piace il risultato che ne è venuto fuori in fase di stampa, e quindi continuerò a inchiostrare le mie tavole con Manga Studio. Ho già spiegato in altri post come la comodità di questo software risieda anche nell’uso veloce che si può fare degli strumenti di correzione come gli ingrandimenti di parti del disegno e il cambiamento delle proporzioni; purtroppo ciò non mi ha evitato di disegnare in alcuni casi teste un po’ piccoline, toraci degli stessi personaggi un po’ diversi, ecc. Questo a dimostrazione che i disegni bisogna sempre riguardarli più e più volte a distanza di tempo (avevo già fatto delle correzioni suggeritemi da Serra, che fa quel che può, dovendo visionare e revisionare centinaia di tavole al mese).
Chi ha l’occhio fine noterà almeno una vignetta che sembra ritoccata con il bianchetto: è stata anche la mia prima impressione, e lì per lì ho pensato che fosse successo qualche guaio all’ultimo momento (anche se adesso chiedermi di fare una correzione al volo non è più un problema essendo tutto in digitale e comunicando via ADSL).
Quella vignetta in origine era stata trattata con il filtro “Blur” per rendere la visione soggettiva di una Legs che si stava riprendendo da uno svenimento; io l’avevo vista anche stampata nella misura originale, un quasi A3, e tutto sembrava a posto; invece la stampa in tipografia ha “toppato” del tutto l’effetto sfocatura, che evidentemente non viene letto correttamente dalle macchine. Allo stesso modo non è stato letto negli altri piccoli punti in cui l’ho usato (nelle vignette in cui c’è la frusta che sibila, ad esempio).
In questa terza storia ho cercato di usare i retini in maniera più “leggera”, ma in alcuni punti purtroppo i toni sono più scuri di quel che vedevo io su computer (e anche sulle stampate in A4); inoltre non sono venuti benissimo i punti di luce che cerco di usare per dare un minimo di effetto “plastico”.
Sull’argomento retini vedo che ci sono pareri discordi, e sebbene mi sembra che la maggior parte delle persone li apprezzi - o perlomeno sembra ignorarli - c’è una minoranza (forte?, non non saprei dire…) che li detesta molto, perlomeno nell’uso che se ne fa nelle serie legate a  Nathan Never.
Ammetto che nella prima storia della “Squadra fantasma” da me disegnata i retini erano troppi e troppo scuri – colpa della mia inesperienza; nella seconda e nella terza non ho l’impressione che questi nascondino o deturpino il segno, né che disequilibrino la tavola (aggiungo che non è solo un mio parere, ma anche della redazione, di Serra, di Vietti). Certo, i gusti così come intervengono a farci piacere o no  un determinato stile possono portare a non sopportare i retini o il particolare uso che se ne fa.
A me dispiace che magari solo per questo motivo (e non perché non piaccia il mio modo di disegnare) l’albo non venga acquistato oppure venga letto malvolentieri, ma pazienza, non si può accontentare tutti! 
Per quanto mi riguarda adoperare i retini non è stata una mia improvvisa decisione, ma un suggerimento iniziale di Serra nell’intento di rendere più “realistico” e “plastico” il mio disegno; poi mi ci sono appassionata, e non mi dispiace affatto l’aver adoperato questa tecnica in questi ultimi anni. Col senno di poi sarebbe stato meglio avere più esperienza coi retini, perché gestirli non è semplice – specialmente in rapporto con la resa in stampa; ma se non ci si lavora non si impara, come per quasi tutto.

Bozz tuta UA002Bozz tuta UA001
Per adesso la mia idea per il prossimo Nathan Never è di usarli ancora meno, in accordo con Serra, ma più che per accontentare i lettori anti-retini la mia scelta deriva dalla difficoltà nel prevedere certi risultati (vedi le vignette con effetto sfocatura), e anche dalla necessità di velocizzare il lavoro; perché c’è anche questo da considerare, che applicare i retini porta via del tempo ulteriore – tempo che è compreso nel compenso della tavola. Lungo l’arco di 4 anni questa cosa ha finito col pesare  un po’ – non per essere venale, ma considerato che ho anche  investito del tempo  per imparare a usare Manga Studio e a cercare di arricchire le tavole in ogni modo credo che tornare a ritmi più normali non sarebbe male (magari riuscendo a ritagliarmi una mezza giornata di riposo alla settimana…).
Insomma dopo un lavoro così lungo tirare le somme non è facile, le cose negative sembrano mischiarsi a quelle positive anche se nel complesso sono soddisfatta del risultato finale, sono convinta di avere fatto un passo avanti come disegnatrice; sono altresì convinta che devo farne ancora e che questo intento rappresenta la mia motivazione principale come disegnatrice seriale nel prosieguo del mio lavoro.

Bozz tuta UA003Bozz velivolo001
I disegni che ho postato sono degli studi per la tuta spaziale che Legs e Orson adoperano  a inizio storia con relativa navetta, infine uno studio per una tuta che appare invece nella parte finale della storia.

Cliccare sui disegni per ingrandirli

domenica 15 maggio 2011

Milano-Roma, andata e ritorno (1)


Ho vissuto per 18 anni a Roma (non essendovi nata), e da 19 anni vivo a Milano. Torno a trovare i miei genitori e i miei migliori amici due o tre volte all'anno, e molto spesso compio questo viaggio di andata e ritorno in auto, sia perché capita che ci sia qualcuno con me (amici o cane), sia perché negli ultimi anni ho constatato che il viaggio in auto tra benzina e autostrada praticamente ha lo stesso costo di un biglietto del treno (anche da sola), alla faccia degli incentivi a non usare la macchina; inoltre i miei genitori non abitano proprio a Roma, bensì sul lago di Bracciano: alla fin fine neanche il fattore tempo è proprio dalla parte del treno, dato che io in auto esco a Magliano Sabina e a Roma proprio non ci arrivo (mentre col treno devo poi sopportare l'aggiunta di metro e trenino da Termini verso Anguillara).
 Il mio record è di 6 ore (da casa a casa), ma generalmente per me ce ne vogliono 7 (due o tre fermate incluse); col treno, da casa a casa: mezz’ora di metro milanese, adesso 3h e 30 (o 3) col Freccia Rossa, più un’ora e un quarto (minimo) di metro+trenino per Anguillara, totale quasi 6 ore (non contando ritardi di treno).
Con l’auto però posso portare più bagagli e pacchi di libri e fumetti per gli amici.

Ho iniziato questi viaggi di 1300 km (tra andata e ritorno) quando avevo una vecchia Fiat Uno senza aria condizionata, poco comoda ma solida come una roccia (almeno finché non è stata venduta a un uomo che nel giro di poco l’ha distrutta a furia di incidenti ripetuti).
Dopo la Uno c’è stata la Lancia Y10 (un fallimento, piena di problemi “strutturali”, durata poco), e infine la mia prima auto nuova, una Twingo con aria condizionata per non far soffrire troppo il cane (e in previsione dell’età avanzante della sottoscritta).
Non ho mai avuto paura a viaggiare da sola, ho sempre preso precauzioni e la mia guida è molto attenta: lo so che devo morire prima o poi, ma non mi piacerebbe che avvenisse in strada. “Guida attenta” significa soprattutto stare attenta agli altri, ai pazzi che attentano alla tua vita con manovre assurde o non rispettando la distanza di sicurezza. Con mia sorpresa nel corso degli ultimi anni ho notato un miglioramento dello stile di guida degli italiani, ho l’impressione che siano leggermente più disciplinati (anche quelli che superano i 130 pare abbiano un po’ smesso di lampeggiare arrivandoti a tutta velocità sul “culo”- atteggiamento una volta molto più diffuso).
 Per mia fortuna non ho mai assistito a incidenti, né ho avuto mai problemi di fila o di traffico (tranne un paio di volte); cerco sempre di partire i fine settimana in cui non circolano i camion, ed evito i periodi di feste, ponti ed esodi.
Ormai conosco a memoria la A1 da Milano a Roma, quasi ogni curva direi; ho assistito negli anni a un tardivo ma necessario miglioramento della rete autostradale (fino a pochi anni fa il pezzo Barberino-Sasso Marconi era terribile, molto pericoloso), ma ancora ci sono da migliorare diverse cose (la cartellonistica, le aree di sosta attrezzate in cui i parcheggi solo adesso iniziano ad avere una “copertura” - d’estate sembra di essere nel deserto, ombra manco a pagarla).

 L'ultimo viaggio l'ho patito un po', mi sentivo un po' in ansia e stanca in partenza. Inoltre anche quando sono ben disposta all'idea del lungo viaggio automaticamente mi passano davanti agli occhi i vari modi in cui potrei accartocciarmi in qualche incidente; così, tanto per esercitare la mia fervida immaginazione.
 L'andata da Milano a Roma è andata però molto bene, grazie anche alla sosta di metà strada a Pisa, ospite di due amici conosciuti tramite il mio blog (insomma, sono miei fans, ma io a mia volta sono fan del musicista di famiglia) – non so ancora come ringraziarli per la loro gentilezza e simpatia.
Milou è stata bravissima - altre volte l'essere legata al sedile posteriore non le era piaciuto molto; solo durante la sosta mostrava una certa riluttanza a risalire in auto (comprensibile). Invece il viaggio di ritorno è stato più faticoso, oltre 6 ore e mezzo di strada con due soste, abbastanza tranquillo ma noioso.
Di solito ascolto la radio (ho i comandi sul volante per fortuna, e faccio un po' di zapping), ma sull'Appennino ci sono molte gallerie e l'unica è sentire dei cd o Isoradio. Quest'ultima una volta alternava canzoni italiane e straniere, spesso anche carine, ma adesso si sente praticamente solo pop o melodica italiana che detesto (a parte ogni tanto qualche cantautore storico). 
Ho avuto un po' di crisi superata grazie al cd di “Confessions on a Dance Floor”: di solito non ascolto musica dance contemporanea, ma questo furbissimo album è un pastiche della disco anni settanta (c'è un po' tutto quello che ascoltavo al volo da ragazzina – Abba, Donna Summer, Bee Gees, ecc.), e devo dire che è servito allo scopo di tenermi su. Quando poi inizio a sentire Radio Popolare capisco che sono vicino a casa...

Ah, per la cronaca queste sono le mie “vacanze” tra un fumetto e l'altro; e no, non mi riposo mai veramente, posto che mi fa piacere vedere i miei genitori e amici.
Pazienza, se fossi più veloce nel lavoro riuscirei a ritagliarmi più tempo per fare altro!

sabato 14 maggio 2011

Schizzi per l' "Universo Alfa" in uscita

Il numero de "La squadra fantasma" che ho terminato di disegnare poco tempo fa uscirà in edicola il 17 maggio; il titolo è "La regina dei robot", la storia è scritta da Stefano Vietti e si troverà all'interno del semestrale "Universo Alfa", il numero 8.
Qui posto degli studi preparatori di alcuni "cattivoni" che saranno affrontati da Legs Weaver e compagnia.
Gli schizzi di quest'ultima si riferiscono invece a degli studi per un giubbotto.





Cliccare sulle immagini per ingrandirle

domenica 8 maggio 2011

Segnalazioni a tema fumetto

Iniziamo con la segnalazione del blog del bravissimo Matteo Alemanno, che ha esordito come fumettista come me, tanti anni fa, sulla rivista "Schizzo" del Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona.
Matteo ha lavorato molto nel campo dell'illustrazione, ma è riuscito poi ad affermarsi come fumettista in Francia, da cui provengono gli albi della serie "Requiem" e ultimamente di "Protecto".

In uscita anche "Trama", ultimo lavoro del superamico Ratigher di cui segnalo l'interessante blog. Difficile descrivere lo stile di questo autore originale, a me piace molto (guardate questa tavola ad esempio).

Di siti web che ospitano fumetti pensati e realizzati appositamente per il web  ormai ce ne sono diversi, e per quanto riguarda l'attenzione al senso di lettura verticale (uno dei primi e dei più importanti rimane "Coreingrapho" creato dal vulcanico Makkox) segnalo "Verticalismi". Tra gli autori ospitati da segnalare   Giuseppe di Bernardo con la prosecuzione digitale delle avventure della sua Desdy Metus (cocreata assieme a Andrea J. Polidori).  


Del blog di Claudia Checcaglini avevo già accennato qui; ultimamente sono stati postati dei bei articoli di analisi di tavole - la colorazione nello specifico - davvero interessanti (qui una, facile recuperare le altre).
Tra l'altro la Checcaglini segnala un gruppo (aperto) su Facebook che si chiama "Di tutti i colori (Colore nell'arte)", dove ci si scambiano pareri e consigli sul tema "colore".

Su Comicsblog si parla di "Comics for you", un potenziale "aNobii del fumetto": attraverso un database di albi a fumetti di vario tipo (per adesso specialmente Disney, Marvel, Bonelli) in continua espansione, si può  costruire la propria collezione digitale attraverso il proprio account. Se il progetto si allargherà in fretta potrebbe essere potenzialmente un complemento del proprio account anobiano per chi vi trova poco pratica la gestione di corposi database di fumetti.

martedì 3 maggio 2011

Una serie da vedere: "Misfits"

Se non sbaglio stanno facendo vedere la seconda serie su Rai4, ma io non vi ho visto neanche la prima (per fortuna). Avevo letto qualcosa in giro ma non mi ero interessata, poi un post di Stefano Piani mi ha fatto cambiare idea.
Misfits è una (mini) serie inglese con protagonisti 5 ragazzi "disadattati" affidati per un certo periodo ai servizi sociali (ai lavori di utilità sociale, diciamo così); é ambientata nei sobborghi di Londra, nelle periferie un po' degradate e dalle architetture grigie ed inquietanti, e i personaggi adottano un  linguaggio abbastanza crudo e pieno di riferimenti sessuali (che raggiungono il parossismo nel personaggio di Nathan).
Kelly (personaggio fantastico) parla un po' come Vicky di Little Britain, solo in maniera meno veloce: il pesante accento "tamarro" è intuibile anche ai non conoscitori della lingua inglese. Non riesco a immaginare come si possa doppiare Kelly con una qualsiasi voce di normale ragazza da liceo bene italiano: eppure sembra che l'abbiano fatto. Ho visionato su Youtube un pezzetto del primo episodio doppiato in italiano, precisamente la scena in cui persino Nathan (il mattatore della serie) domanda a Kelly come diavolo parla - cosa che ha senso ascoltato in inglese, in italiano è surreale, dato che Kelly sembra esprimersi in un italiano intelligibile e sensato.
Quindi il mio consiglio è: guardatela in originale con i sottotitoli, se potete - doppiata ha poco senso.

 Tempo fa avevo consigliato la serie Sherlock; in un certo senso Misfits è il contraltare di quella serie: lì si mostra una Londra nel suo abito migliore, classico, qui si vede il lato oscuro di Londra, una periferia iperrealistica e visionaria al tempo stesso, dove le varie persone che si incontrano sono perdenti,  frustrati alle prese con eventi straordinari che intensificano relazioni e sentimenti.
La base di partenza è un semplice stratagemma da film o fumetto di fantascienza: uno strano e misterioso temporale dota i 5 protagonisti (e non solo loro) di superpoteri, alcuni bizzarri, alcuni più "classici" (la telepatia, l'invisibilità). Il tono è sopra le righe, ma la realizzazione per certi versi è realistica, specialmente nella resa della violenza. La fotografia la trovo splendida, così come la regia. Gli attori sono azzeccatissimi, ma su tutti a mio parere giganteggiano Robert Sheenan (Nathan) e Lauren Socha (Kelly); non male anche il simil Ian Curtis - Simon (Iwan Rehon, che ha pure velleità di cantante).
Dopo due serie (di 6 episodi ciascuna, più uno special alla fine della seconda) è confermata una terza serie, ma senza Sheenan: "nooooouuuuuuuu!!!"
Una bella sfida per gli autori andare avanti senza Nathan, ma a sentir loro ci saranno molto sorprese, e penso che un minimo di fiducia bisogna averlo, dopo quello che hanno fatto vedere soprattutto con la prima serie: magari dare una svolta a Misfits non è male, per non ripercorrere cose già viste.

Per chi è interessato qui il sito dedicato alla serie, con diverse cose simpatiche da vedere, tra video, interviste, pseudo account Twitter dei personaggi, ecc; qui si può vedere il video degli Arctic Monkeys in cui è protagonista Lauren Socha, qui  invece la stessa dimostra come nella realtà non sia molto lontana dal personaggio che interpreta; e qui  un'intervista generale ai 5 attori protagonisti.

Un'ultima considerazione: si ride molto, spesso a denti stretti, ma non solo; il secondo episodio della seconda serie mi ha commosso seriamente. Non è una serie perfetta, come già fatto notare; i buchi di sceneggiatura per me non sono così importanti, dato che tutto si regge sull'interpretazione dei personaggi e sulle loro relazioni.  Devo dire però che l'episodio speciale"natalizio" si avvicina pericolosamente al trash!
Spero che escano al più presto i dvd nei negozi italiani.