A dire la verità le critiche di chi non ama la presenza dei retini negli albi Bonelli sono cominciate ad apparire da un po', ma i miei interventi, aggiunti all'argomento “fumetto disegnato al computer”, hanno acceso un po' di dibattito al quale vorrei dare un mio contributo più chiaro e organico, e non disperso nei botta e risposta delle varie discussioni nel Forum (di cui consiglio la lettura: qui la discussione sul mio Universo Alfa, qui invece su “China o silicio?”).
I retini all'interno degli albi bonelliani sono apparsi in epoca relativamente recente, e da molti lettori affezionati al canone bonelliano sono stati visti un po' come un “intruso stilistico”. Che poi col tempo si sia formato un ampio pubblico che ha imparato ad apprezzarli, o a fare dei distinguo sul modo in cui vengono usati, ebbene, fa piacere, ma esiste pur sempre uno zoccolo duro che davvero non li sopporta se non in piccolissime dosi o per nulla.
Perché si usano i retini nel fumetto? Non so di preciso quante risposte esistano, ma una di queste è certamente il desiderio di arricchire il disegno, di avere più possibilità di giocare con tonalità aggiuntive che non siano il colore. Con il retino si ha l'alternativa all'uso della mezza tinta, della scala di grigi; in stampa per ragioni economiche non sempre si ha la possibilità di “sfuggire” al monocromo, e l'uso del retino permette di aggirare il problema.
Io nella mia carriera di fumettista non ho praticamente mai usato il retino (qua un raro mio fumetto retinato) perché il suo uso mi sembrava estremamente faticoso; ricordo i mitici retini Letraset che solo l'avvento del digitale ha fatto praticamente scomparire: una volta usarli voleva dire spenderci tempo e avere tanta pazienza.
Solo da pochi anni ho imparato a usare qualche software digitale; dapprima ho iniziato a realizzare qualche effetto grafico (come ne “Il segreto dei numeri primi”), poi arrivando a disegnare per una serie nuova come “La squadra fantasma” Antonio Serra mi ha suggerito l'uso esteso dei retini a partire dalla prima storia, come elemento stilistico importante del disegno nella serie.
Come ho già spiegato in vari interventi l'intento di Serra era quello di cercare di rendere maggiormente “realistico”, plastico e fantascientifico il mio segno, e quando ho iniziato a usare con una certa disinvoltura computer e tavoletta grafica si pensava che avrei potuto provare questa strada per me del tutto nuova (aggiungo che l'ho fatto volentieri, altrimenti Serra non avrebbe mai potuto “impormelo”, sia perché non è nel suo carattere, sia perché non è utile ai fini della “resa artistica” di un disegnatore).
Usando Photoshop esistono diverse tecniche per applicare i retini, le più note sono quelle che usano dei pattern preparati appositamente (se ne trovano anche sul web da scaricare) o che usano la conversione in punti dei toni di grigio (con tutto un procedimento di copia livello e conversione in bitmap); io mi sono fatta spiegare quest'ultima tecnica da Luca Enoch ed è quella che ho usato per la prima storia de “La squadra fantasma”(Universo Alfa n.2, "Minaccia androide").
Ammetto che in questo primo lavoro ho esagerato con i retini – e comunque non avevo ben chiaro come sarebbero stati resi in stampa (molto più scuri di come li vedevo io a schermo o anche stampati in prova a casa). Nella mia testa i retini li intendevo sostitutivi della mezza tinta, ma l'inesperienza ha giocato a mio sfavore.
Sia in questa prima storia che nella seconda (“La città delle sabbie”) realizzavo delle normali tavole tutte “a mano”, successivamente le scansionavo per la retinatura al computer. In “Minaccia androide” come detto ho utilizzato Photoshop, nella storia successiva invece è entrato in gioco Manga Studio, programma di cui tanto ho parlato in questo blog (e che solo col tempo ho imparato a padroneggiare - con ancora margini di miglioramento).
Credo che la differenza tra la prima e la seconda storia de “La squadra fantasma” sia evidente: l'uso diretto dei retini (senza la mediazione della scala di grigi e della conversione) mi ha permesso un uso più oculato degli stessi.
Con l'ultimo “La regina dei robot” ho alleggerito ulteriormente la retinatura usandone di meno tipi (la cui resa è sempre incerta in stampa) e usando meno le sfumature. Per chi non se ne fosse accorto sono anche passata all'inchiostrazione digitale totale: non esistono originali di queste tavole, se non le matite, tracciate anche con cura minore data la facile possibilità di correzione e aggiunte in Manga Studio.
In Manga Studio così come esiste il pennello per il segno “in china nera” esiste il “pennello retino”: ovvero lo stesso pennello può essere usato per stendere il segno pieno (nero o bianco) oppure il retinato di qualsiasi tipo; questo comporta che io veda immediatamente a schermo l'effetto del retino sulla tavola.
Sono abbastanza soddisfatta del risultato finale in questo albo che è in edicola ma ci sono ancora diversi problemi, in particolare la resa di certe sfumature, certi effetti (di cui ho parlato nel post precedente), anche l'uso che ho fatto della “deterinatura” per ottenere effetti di luce; inoltre in alcune vignette il retino è ancora troppo scuro rispetto a quel che desideravo (ma qui magari si tratta di eliminare del tutto il retino al 50%).
Non è necessario amare i manga per amare i fumetti retinati: in occidente c'è una lunga tradizione di uso dei retini, da Topolino alle strisce giornaliere dei fumetti classici americani, fino ad arrivare ai nostri Diabolik e Sturmtruppen (accenni volanti, non sono in grado di fare una vera e precisa rassegna storica).
In ogni caso io e molti della redazione di Nathan Never amiamo i manga, e tanto buon fumetto di fantascienza proviene da lì e fa parte del nostro background culturale. Rimanendo in ambito Bonelli c'è l'esempio di Luca Enoch (con Gea e Lilith) che usa i retini in maniera eccelsa avendo in mente, credo, la lezione di tanti manga.
Io ho sempre amato l'uso che fanno certi mangaka del retino; per me il retino si può integrare bene nel disegno e farne totalmente parte, non solo per l'uso di effetti o per la resa di macchinari e navi spaziali. Ci sono diversi esempi di fumettisti che usano i retini al posto del nero per equilibrare le tavole, per differenziare costumi, vestiti, per far risaltare certe figure in momenti drammatici, per renderle più plastiche, ecc.
E' vero che il fumetto bonelliano non è assimilabile a quello giapponese, per cui l'uso del retino deve essere visto in altra ottica, ma non per questo deve essere escluso o limitato, specialmente in serie moderne come quelle di Enoch e del personaggio fantascientifico Nathan Never.
E' proprio in una serie come quella di Nathan che dovrebbe esserci più spazio per “sperimentazioni” (sappiamo che ci sono dei limiti, in ogni caso) e utilizzo di tecniche più moderne (non dico che dovrebbe essere obbligatorio, solo che sia possibile per chi ne ha voglia); il discrimine dovrebbe essere quello dell'abilità dei singoli disegnatori.
Come ho già spiegato non c'è una direttiva unica che spinga noi disegnatori verso la retinatura o il computer: piuttosto c'è sempre stata una cura particolare da parte del curatore e redattore Antonio Serra nel cercare di trarre il meglio da ogni disegnatore cercando di stimolarlo e farlo evolvere, ovviamente nell'ottica del tipo di storie che in quel momento gli sono affidate. Prima dell'avvento negli studi di quasi tutti i disegnatori di pc e software grafici l'atteggiamento di Serra è sempre stato il medesimo; adesso che ci sono possibilità tecniche in più si cerca di trarre giovamento da questi strumenti, il tutto rapportato alla voglia e alle necessità del disegnatore.
A parte l'uso dei retini sia io che Serra siamo convinti che il mio segno sia maturato abbastanza da poter tornare su Nathan Never con una scelta stilistica più ampia; tra poco mi rimetterò al lavoro su una nuova storia, e l'uso dei retini adesso sembra un'opzione come un'altra. Considerata la particolarità di Universo Alfa e l'esperienza fatta con i retini (e relative problematiche) credo che li userò ancora su Nathan, ma in maniera molto più limitata.
Continuerò di sicuro a inchiostrare le tavole digitalmente. Il motivo principale è che riesco a controllare meglio il segno e a vedere con più agio i particolari; aggiungo che Manga Studio (almeno per come lo uso io) non mi fa risparmiare tempo, ma sicuramente mi evita una serie di operazioni propedeutiche alla realizzazione della tavola che sono di solito un po' noiose, lasciandomi più tempo per la cura del disegno vero e proprio (parlo della squadratura, della “sgommatura” delle matite, e altre piccole cose).
Per chi non conosce bene l'uso dei software digitali voglio assicurare che non “aiutano” immeritatamente un disegnatore a migliorare il suo disegno inteso come qualità artistica e talento: se si è scarsi in origine si rimane scarsi anche con Manga Studio. Quando io ripasso a “china” digitalmente le mie tavole a matita (realizzate nello stesso identico modo in cui le realizzavo “prima”, ovvero a mano su carta) compio sulla tavoletta grafica gli stessi gesti che avrei compiuto dal vero con pennello e pennarelli; se disegnavo male prima sicuramente non disegnerò meglio con Manga Studio...
Certamente Manga Studio mi facilita ad esempio nella realizzazione di una prospettiva poiché esiste uno strumento che permette di tracciare delle linee seguendo i punti di fuga (strumento che uso solo in vignette grandi e complicate): detto ciò se non si ha un po' di senso della prospettiva per impostare tali punti non è che il software possa farlo al posto nostro; così come lo strumento che mi permette di ingrandire o rimpicciolire parti del disegno non mi dice dove e come ho sbagliato le proporzioni (infatti qualche volta non le azzecco e non riesco ad individuarle prima di consegnare le tavole...).
La scelta di usare il computer non è indice né di evoluzione (inteso come miglioramento) né di modernità a tutti i costi: quello che conta è il risultato finale, e come ci si arriva è ininfluente. Non esiste una contrapposizione tra carta e digitale; le due scelte possono benissimo andare avanti insieme, e dal digitale si può tornare alla carta e viceversa: basta realizzare dei buoni fumetti e tutto è utilizzabile.
Se l'uso di retini e di inchiostrazione digitale sembra peggiorare il disegno di qualcuno (che poi spesso sono opinioni non univoche) non è colpa dell'uso di queste tecniche in sé quanto di errori del disegnatore; così come si dice a volte che un disegnatore ha esagerato con le ombre o con il tratteggio così si può esagerare con i retini senza per questo dover demonizzare il loro uso in sé; a meno che si abbia un'allergia ai retini che va al di là di considerazioni su come sono stati utilizzati da quel dato disegnatore.
La scelta del retino non è fatta a cuor leggero, o fatta per “coprire” un segno carente (se lo fa è un effetto collaterale, per così dire): è una precisa scelta stilistica, di gusto anche, che può piacere o non piacere. Se certe tavole deretinate piacciono più delle stesse retinate non è per forza che queste siano inutili o sbagliate; spesso lo stesso discorso lo si fa sulle tavole colorate o meno: si tratta di gusti, un autore fa una scelta perché ha in mente quello di comunicare un'atmosfera, un piacere estetico, qualsiasi cosa – non certo per imbruttire le sue tavole o nascondere magagne nel disegno.
So di non aver convinto i detrattori dei retini o dell'inchiostrazione digitale, ma mi premeva puntualizzare delle cose e chiarire che nessuno in Bonelli è costretto ad essere "moderno e tecnologico" - qualsiasi cosa voglia dire.
Per chi volesse saperne qualcosa di più sui retini, sulla maniera di usarli qui ci sono un po' di link: qui un video tutorial su come creare dei retini/pattern con Photoshop; qui un post sullo stesso argomento; qui per creare retini addirittura con Illustrator; qui in un video un disegnatore giapponese fa vedere quanto difficile è applicare i retini in un manga (perlomeno noioso); qui un tutorial di Sergio Algozzino sui retini.
non pensavo che ci fossero lettori che 'scomponessero' il fumetto per leggerne i suoi particolari tecnici, io solitamente, ma probabilmente il mio è un giudizio rozzo e approssimativo, mi limito a pensare bello/brutto. A volte mi spingo anche a dire 'così così'. Questo perché credo che il fumetto vada assorbito a livello emozionale, così come una poesia o un film, che poi magari dici 'ah che bella quell'inquadratura', ma non pensi al fatto che per farla hanno usato un obbiettivo 50mm i delle luci o un croma key o che altro. Questo per dire che io mica mi accorgo quando ci sono i retini e quando non ci sono, cioé se ci sto attento sì, ma non ci sto attento ;)
RispondiEliminaNon sono contrario ai retini ma come tutte le cose devono avere il giusto peso, nell'ultimo numero di John Doe disegnato da Dall'Oglio i retini ci sono e stanno bene.
RispondiEliminaNel tuo caso ho solo detto che li trovavo un po' pesanti, in alcuni casi erano un ostacolo alla lettura.
Però alla fine mi sono anche abituato è ho letto con piacere tutta la storia :D (il vero risultato è questo)
Per l'inchiostrazione invece ho qualche dubbio, il problema è lo Zoom, alcune tavole hanno dei segni troppo sottili che non potresti mai fare su carta. Poi vedere qualche errore ogni tanto ci sta, rende il tutto più artigianale ;)
disma@: sai che spesso anche io leggo i fumetti così, non analizzandoli pur avendone l'inclinazione?
RispondiEliminaI "pignoli" però servono al disegnatore (o lo sceneggiatore) per capire in quale parte si può migliorare.
Finello@: ho capito il tuo punto di vista e non ce l'ho con te, quanto con quelli i cui distinguo mi sembrano un po' dettati dal "meno ce ne sono meglio è" - e naturalmente quelli che per principio pensano siano il male e che la scelta di usarli sia un capriccio del disegnatore.
Non è la quantità di retini in una tavola che conta, quanto l'uso, il modo, ecc.; se si pensa che io li abbia usati male in Universo Alfa basta essere chiari e limitarsi alla critica all'albo, non estendendola a tutti gli altri che li usano nel mondo bonelliano; e comunque è una questione di gusti, non si può non tener conto di chi invece li apprezza utilizzati proprio in quel modo lì.
Per lo zoom non so, non credo di aver usato segni troppo sottili (anzi il contrario), ci sono disegnatori che fanno a mano segni anche più sottili dei miei!
E' vero che è una questione di gusti, però ribadisco che alla fine l'albo mi è piaciuto, me lo sono gustato.
RispondiEliminaL'unica cosa ma in questo non centri tu, quando Janet usa il casco per l'espansione dei poteri telepatici, mi ha fatto pensare a Cerebro degli XMen, era una citazione?
Finello@: ma mi fa certamente piacere che al di là di certe cose che noti (e che giustamente mi comunichi) l'albo ti sia piaciuto - so bene che non fa mai piacere spendere soldi e rimanere totalmente insoddisfatti!
RispondiEliminaPer il casco: non so, ho seguito l'indicazione di sceneggiatura di Vietti, ma può essere di sì, anche se credo che il casco in macchinari simili sia già stato usato.
io non amo i retino, l'ho spiegato sul nnf, ma vorrei precisare una cosa. al di la dei retini c'è da fare una valutazione dei disegni, che per me rimangono fondamentali. cioè i migliori retini applicati benissimo su un disegno scarso sempre scarso fanno restare il disegno, per me.
RispondiEliminanello specifico, anche questo l'ho detto, i tuoi disegni a mio parere erano veramente buoni a prescindere dai retini.
comativa@: hai ragione, retino su disegno scarso non migliora le cose - appunto, è difficile barare con strumenti "aggiuntivi", retini o computer che siano.
RispondiEliminaL'uso dei retini, come dici tu stessa, è una sperimentazione prima e una scelta oculata e volontaria dopo.
RispondiEliminaNon per fare il ruffiano, ma continuo a dire che il tuo utilizzo dei retini mi è parso equilibrato e "pertinente" ai temi trattati.
Cioè: è vero che spesso i retini tendono (soprattutto quando se ne abusa) a "raffreddare" il disegno. Ma è anche uno dei motivi per i quali, secondo me, è più giusto che siano presenti in serie di fantascienza come Nathan Never (anche per la resa fredda e asettica di alcuni ambienti), invece che, ad esempio, su un albo di Dylan Dog. Ma è una mia opinione.
Su Nathan Never i retini sono arrivati, se la memoria non mi inganna, in modo massiccio già negli anni '90. E senza voler fare nomi, credo siano altri i disegnatori che esagerino davvero tanto nel loro uso. E quando è così, sono il primo a cui dà davvero fastidio.
Tempi e quantità variano a seconda dell'autore e del tipo di lavoro. Guarda ad esempio quelli piatti che utilizza Palumbo per Diabolik o l'utilizzo parsimonioso (a volte invisibile) che ne fa Alfonso Font in alcune tavole (qui: www.alfonsofont.com/eng_originals.html) che pure non ne avrebbe bisogno, visto che è uno dei migliori "tratteggiatori" in circolazione. Quindi ci sono anche casi in cui l'uso dei retini può risultare "caldo".
E' strano che sul forum ci si lamenti dei retini, visto che su Nathan Never, un numero si e uno no, sono utilizzati. Ma come si sa, non si può accontentare sempre tutti :)
Bel post, comunque.
Ciao Luigi, hai giustamente citato il Palumbo Diaboliko che io amo tantissimo - lì in effetti è tutto un gioco di equilibri tra segno, neri, retini: ma lui è un grande :)
RispondiEliminaFont in effetti li usa in maniera molto parca, ed è quello che farò nel mio prossimo Nathan per la gioia di tutti!
Alcune tavole (splendide) di Font penso siano di 30 anni fa. (vedi i racconti del futuro imperfetto)E ti accorgi a fatica della presenza dei retini. Proprio perchè assolutamente ben dosati nelle vignette e in cui c'è spesso abbondanza di nero. E probabilmente erano retini fatti a mano coi trasferibili!!!
RispondiEliminaIn genere le tavole prive di retino mi risultano o troppo bianche o troppo nere a guardarle. Che poi il troppo stroppa, vale per tutte le cose, no? XD
RispondiEliminaMi affascina parecchio l'utilizzo dei retini “classici”.
izzy@: eh sì, "il troppo stroppia" sembra una legge universale!
RispondiEliminaPeccato solo che a limitare l'uso dei retini sia chi è tra i migliori ad interpretarli...
RispondiEliminagiò11@: credo di non aver capito: c'è un disegnatore che è tra i più bravi ad usare i retini che così limita gli altri? Perché è troppo bravo ed inarrivabile?
RispondiEliminaAlla miseria, finalmente ho trovato il giornalino della squadra fantasma in una edicola nei dintorni di Reggio Emilia! E mò, puff pant, leggiamo....
RispondiEliminaNo, riformulo il concetto: peccato che a limitarsi nell'uso dei retini sia tu che sei tra i migliori interpreti.
RispondiElimina:-)
giò11@: ah ah!, non avevo capito niente - ma no, troppo buono, secondo me Olivares li ha usati in molti albi benissimo, lo ammiro molto.
RispondiEliminaciao Patrizia! Intanto complimenti per il tuo ultimo albo. Poi......arghh! Ho visto il tuo tutorial sul tool prospettico di Manga Studio: fenomenale!!!! Ed io sempre lì con le mie formulette!!!:-) Tra noi fumettari, per ora, antenati e pronipoti convivono in armonia... :)
RispondiEliminaRoberto@: ma le formulette aiutano ad apprendere le regole base della prospettiva, che serve anche usando poi Manga Studio! Questo programma è vero velocizza certe cose, ma le matite bisogna saperle impostare da sè :)
RispondiEliminaNon sono d'accordo su quando affermi che l'importante sia il risultato.. io continuo a preferire un fumetto inchiostrato a mano che digitalmente !
RispondiEliminaDe gustibus! Amo anche io tantissimo le tavole sporche d'inchiostro e di cancellature, dopodiché quando compro un fumetto e guardo i disegni non mi domando se è stato disegnato su carta o in digitale: mi domando solo se mi è piaciuto o no.
RispondiEliminaQuindi se sai che un fumetto è disegnato in digitale non lo leggi? Anche se è disegnato meglio di altri disegnati su carta?
Come detto all'inizio: se per te questo è un discrimine importante va bene, ho l'impressione però che i lettori di fumetti vogliano leggere belle storie e vedere bei disegni, non decidere quali strumenti devono usare i disegnatori.
E' una mia impressione, eh, magari mi sbaglio.