Su Netflix questa serie a produzione danese/svedese è chiamata The Bridge: La serie originale, ma il nome originale è Bron/Broen (e già qui è possibile notare il rapporto di somiglianza-differenza tra la lingua danese e quella svedese).
Lo spunto è abbastanza particolare ed è creato per far riflettere (anche) sul rapporto tra due culture simili ma anche diverse: un poliziotto danese e una poliziotta svedese devono collaborare a una indagine poiché il crimine efferato è stato commesso esattamente sul confine tra Danimarca e Svezia (sull'iconico e simbolico ponte di Øresund).
Ci sono due stagioni su Netflix (e io spero arrivi presto anche la terza) ma la cosa brutta è che è presente solo l'audio in italiano - non che io possa comprendere le sfumature e le differenze tra lingua danese e svedese (gli attori sono di entrambe le nazionalità e parlano la loro lingua) ma certamente non è la stessa cosa che sentirli doppiati (ormai sono dipendente dai sottotitoli). Lo svedese è una bella lingua, ha dei bei suoni, e mi sarebbe piaciuto confrontarla con il danese.
Molti forse avranno visto il remake americano di questa serie, The Bridge, ambientato tra il confine USA e quello messicano: la prima stagione ricalca esattamente quella svedese, solo che non c'è il ponte e alcuni altri particolari sono diversi (uguale l'assunto di far dialogare le due culture, in questo caso l'americana e la messicana rappresentata dai rispettivi poliziotti). Ho visto la prima stagione anni fa ma l'avevo completamente dimenticata - non che sia fatta male, ma non ha la particolarità e l'interesse di quella originale.
Meno nota è una terza serie remake che segue quella americana, The Tunnel: questa volta l'omicidio avviene tra il confine francese e quello britannico nel tunnel che unisce da diversi anni i due stati. Non ne so nulla e non ho molta voglia di vederlo - gli darei una possibilità se capitasse su Netflix, ecco.
Punto forte della serie scandinava sono i due protagonisti: l'ispettrice svedese Saga Norén (Sofia Helin) e l'ispettore danese Martin Rohde (Kim Bodnia). Lui è un tipo dalla vita familiare un po' complicata e dal carattere accomodante quanto basta per sopportare le stranezze della collega, evidentemente affetta da una forma non grave della sindrome di Asperger.
Se la serie originale fosse stata realizzata negli USA avremmo avuto delle recitazioni calcate e siparietti tra il drammatico e il boccaccesco, probabilmente, ma per fortuna danesi e svedesi pur non lasciandosi sfuggire i momenti umoristici tra i due protagonisti non si soffermano mai troppo sulle situazioni, tutto viene raccontato con una certa levità, suggerito più che mostrato.
La storia del rapporto tra le lingue scandinave è abbastanza interessante, consiglio di leggere qui la voce su Wikipedia ("Per via della lunga unione politica tra Norvegia e Danimarca, il Bokmål (o Riksmål) norvegese ha un lessico molto simile al danese, ma a causa della differente pronuncia, per uno svedese è più facile capire un norvegese che un danese. Ovvero il norvegese somiglia più al danese per lessico ma più allo svedese per fonologia. Un modo di dire scherzoso che riassume questo è che "il norvegese è danese parlato in svedese".").
Nel video seguente protagonisti e coprotagonisti (in particolare della seconda stagione) parlano del loro rapporto con la lingua "altra"; vengono anche citati termini danesi o svedesi che a loro sembrano buffi.
Nel video seguente Sofia Helin (bravissima nel caratterizzare il personaggio anche attraverso il linguaggio del corpo) parla delle difficoltà di interpretare il personaggio di Saga Norén.
Infine la sigla di apertura della serie che sembra un po' Sigur Ros ma che è opera dei Choir of Young Believers.
Vero, l'ho vista anch'io l'anno scorso ed è una delle serie più belle che conosca.
RispondiEliminaTra l'altro su quel ponte ci sono passato ed è davvero un'icona del nostro secolo, anche se troppo poco nota.
Anche a me sarebbe piaciuto sentire l'audio originale, ho trovato su YouTube qualche spezzone qua e là e davvero il rapporto tra le due lingue è interessantissimo.
(Ciao, Patrizia :-) ! )
Ciao Marco, allora non sono la sola a cui è piaciuta la serie, sono contenta :)
RispondiEliminaNon male, ma ricorda la miniserie SBElllica Bridget & Tunner in formato tascabile - è la prima volta che Via Buonarroti si cimenta con il formato di Diabolik ed Alan Ford - e che racconta di una coppia di trafficanti di cervelli in fuga affetti da una forma non grave della sindrome di Asperger.
RispondiEliminaCampi e controcampi e silhouettes nere a la Magnus non tanto per risparmiare tempo quanto per citare quegli anni di boom del tascabile.
Dialoghi ritmati a la Life in Hell, solo con due protagonisti che di fatto non si parlano, non comunicano. Apparentemente.
Se Bridget dice " "il norvegese è danese parlato in svedese ", Tunner ribatte " gli inglesi e gli americani sono due popoli divisi dalla lingua ".
Tutto così per 120 paginette a due vignette per sei mesi. Scenografie dechirichiane. Stile di disegno a la Johnny Hart incontra gli Zaniboni pater et filius. La mia Gola Profonda - non so quanto sia attendibile considerato che lo special Cico Migrante non è mai arrivato alle edicole - sostiene che B & T sarà pubblicato prima del Festival dei Due Mondi del 2018. Sperem.
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RispondiEliminaDoppiata non si può sentire
Hai ragione. Almeno con la terza.
EliminaInformo che adesso su Netflix è disponibile la terza stagione con audio originale e sottotitoli in italiano.
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