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Anonimo nell'ultimo suo commento (qui) descriveva un libro e anche un corso di disegno di una accademica americana che in pochi giorni riesce e far passi da gigante a persone che, se non ho capito male, sanno a malapena tracciare dei segni su un foglio di carta - un corso accelerato contenente basi di anatomia, prospettiva, e non so cos'altro.
Non dubito che un efficace metodo di insegnamento possa far apprendere molte cose in poco tempo, specialmente se si parte da una base di quasi totale incultura da parte degli allievi (nel nostro caso incultura artistica). Ed è qui il punto: apprendere a disegnare oggetti riconoscibili, magari con una giusta ombreggiatura (o passabile), con un minimo di inserimento in un ambiente dotato di un qualche tipo di prospettiva è certamente un grande miglioramento per chi parte dagli scarabocchi, ma non vuol dire "imparare a disegnare" - non come lo si intende negli ambienti professionali o semiprofessionali che sono lo sbocco di quelli che vogliono disegnare per comunicare con un pubblico il più largo possibile, e non solo con parenti e amici.
Se invece "imparare a disegnare" lo si intende come diritto di qualsiasi persona, qualunque sia il suo grado di bravura, di poter migliorare il proprio modo di disegnare per se stesso, come hobby, allora bisogna fare una distinzione tra corsi per dilettanti e corsi professionali per chi intende dedicarsi con qualche motivo di base (tipo un minimo di talento) a una possibile carriera di illustratore o fumettista.
Tra le due categorie c'è una differenza anche di costanza, passione, disponibilità di tempo e di sacrifici.
Purtroppo se si ha una giovane età e poca esperienza spesso non si ha la percezione del proprio grado di bravura; si ha bisogno certamente di un giudizio esterno e competente, magari di diversi giudizi, e soprattutto bisogna avere la capacità di accogliere i consigli di chi ne sa più di noi, lasciando da parte la tentazione di sentirsi degli incompresi.
Se siamo bravi, bravini oppure ancora molto immaturi sono gli altri che ce lo devono dire, non noi.
E' davvero difficile giudicare se stessi, anche quando si arriva ad avere una certa esperienza: io stessa spesso non riesco a notare certi errori in disegni e vignette se non dopo che il mio redattore magari me l'ha fatto notare - e non c'è mai stato una volta in cui non avesse ragione.
Io al contrario di tanti disegnatori (o aspiranti disegnatori) che si affacciano con i loro primi lavori sul web - che già si ritengono bravi od ottimi fumettisti - ci ho messo anni e anni per ritenermi meritevole di pubblicazione; ancora quando già lavoravo in Bonelli (dopo aver pubblicato su Il Giornalino, Il Corrierino, L'Intrepido, e per la Star Comics) mi sembrava una cosa provvisoria, come se ogni albo pubblicato fosse un esame da superare con esito incerto: mica mi ritenevo all'altezza di tanti altri disegnatori - quasi tutti praticamente.
Non dico che sia giusto un atteggiamento simile: un po' di fiducia in se stessi bisogna averla, ma neanche ritenersi disegnatori già belli formati e "arrivati" fa molto bene (naturalmente mi riferisco sempre ai giovani e a quelli con pochissima o nulla esperienza nel mondo editoriale).
Non so se è una mia impressione, noto in giro molta presunzione, molta permalosità, poca voglia di conoscere come si fa a seguire certi percorsi artistici - tutti i disegnatori partono da basi insicure, grezze, incerte, ma la crescita è visibile, l'evoluzione nel segno e nel modo di disegnare è qualcosa che si acquista nel tempo, non da una settimana all'altra.
Inoltre ci sono alcuni possibili brutti sbocchi di tutte le nostre fatiche: spesso l'evoluzione e il miglioramento si bloccano, non vanno oltre un certo livello. Magari questo livello è più che bastevole per noi, il nostro divertimento, anche per l'esposizione magari sul nostro blog o sito - perché no?
Ma il livello professionale non arriva, è lontano; noi magari non ce ne accorgiamo, i nostri amici neanche; i disegni sembrano abbastanza carini, nessun errore pacchiano di prospettiva, nessun strafalcione nelle anatomie. Come mai gli editori ci snobbano?
E' una cosa molto difficile a spiegarsi, almeno per me; come capire quando si arriva a un buon livello? E qui parlo di fumetto "popolare", che è quello di cui ho esperienza "dal di dentro".
Non invidio gli insegnanti dei corsi di fumetto: cercare di insegnare a vedere e capire, prima ancora di disegnare, è la cosa più difficile; ci vuole molta cultura visiva e storica, bisogna aver letto tanto e di tutto. Bisogna saper uscire fuori da se stessi.
Io dopo tanto tempo sono arrivata finalmente ad apprezzare davvero quello che sto disegnando adesso, frutto di compromessi, fatica, errori corretti, consigli ascoltati.
Il Nathan Never che qui posto (è un ritaglio da una vignetta più grande) mi piace molto, lo dico senza vergognarmene; ma prima di me che questo Nathan sia bello l'ha detto Antonio Serra, il mio caporedattore, persona che non ha paura di far ridisegnare intere tavole se queste non vanno bene.
Un post perfetto! E non solo riguardo al disegnare. Purtroppo sono tanti quelli che trascurano l'esigenza di imparare e danno tutto per facile e scontato.
RispondiEliminaAltra cosa: l'insegnamento dev'essere progressivo e lo studente deve esserne consapevole e accettarlo.
Il discorso sarebbe lungo...
A volte mi convinco di saper disegnare. Poi essendo afflitto da logorrea mi accorgo che in realtà sono più portato per le materie umanistiche. Sempre moderatamente, eh?
RispondiEliminaChe dire, ho appena letto l'articolo e forse mi aspettavo una risposta ma un post intero no di certo, per quanto riguarda il libro di Betty Edwards, che io ho scoperto ora ma la prima edizione risale al lontano 1979, di certo pone delle solide basi su cui si può lavorare seriamente per ottenere risultati vicini alla decenza ma come giustamente fai notare saper disegnare veramente richiede molto tempo e allenamento anzi non escludo che successivamente non siano necessari dei veri e propri corsi che superino i limiti di un testo scritto con qualcuno che è in grado di vedere i "tuoi" errori.
RispondiEliminaAnonimo@: in effetti avevo pensato a una risposta nei commenti, ma mi sono resa conto che sarebbe stata troppo lunga:)
RispondiEliminaSui libri e sui manuali in genere: se ben scritti sono molto utili, naturalmente affiancati se possibile a un corso con insegnante vero; capisco anche che i corsi costano, che non sempre si trovano quelli giusti...insomma, è difficile per chi non ha potuto svolgere studi artistici.
P. Alexis@: moderatamente logorroico o moderatamente portato per il disegno?
RispondiEliminajuhan@: discorso lungo, hai ragione, probabilmente anche oltre le mie capacità di spiegazione.
RispondiEliminaModeratamente logorroico, e nemmeno quello, ormai, perché mi zittivano sempre. Ma forse nel fumetto comico ho qualche propensione... da 1 a 10 direi 2, ma sempre meglio di 0...
RispondiEliminaSecondo me, in tutte le discipline (anche artistiche artistiche) servono sopratutto tempo e metodo. Il talento lo vedo necessario solo in seguito.
RispondiEliminaPoi, per la questione “corsi vs. formazione autodidatta”, nonostante io sia molto autodidatta in tante cose, tempo fa ho fatto un corso (che non ha nulla a che fare con il fumetto o la scrittura) e mi sono reso conto che è tutta un'altra cosa. Qualcuno che ti spieghi, risponda alle tue domande, aiuti dove sbagli, e ti “costringa” a fare le cose in un certo modo, è molto più formativo e stimolante di qualsiasi lettura. Necessario se non indispensabile anche il confronto con gli altri allievi, per avere una panoramica sul livello di capacità generali e sul proprio. E quindi farsi un'idea sulle prospettive lavorative future.
C'è però da dire che sarebbero da valutare anche i valutatori. Nel senso: qui in Italia abbiamo una certa tradizione fumettistica. Mi chiedo se un fumetto come Atomic Robo avrebbe mai passato il vaglio alla Bonelli...
Bellissimo post, Patrizia! E son d'accordo con te, non è facile ... professionalmente parlando, perchè siamo in Italia e mi pare di aver capito che sia un paese, dove alla "nona arte", solo da pochissimo tempo, si vuol cominciare a dare una certa dignità; formativamente parlando, non è facile neanche trovare un corso dove si impari per davvero ... a volte neanche i costi elevati sono garanzia di qualità, ahimè!
RispondiEliminaOttimo spunto Patrizia ;-)
RispondiEliminaIo affrontai di sfuggita il discorso nel mio "Siamo tutti potenziali bombe atomiche", ma il tuo è più completo e ragionato.
Sul saper disergnare, e sull'essere bravi, sull'avere talento innato, mettiamola cos'ì: si può imparare a guidare un'auto, saperlo fare benissimo, sapersi destreggiare nel traffico e nei parcheggi, ma non per questo puoi salire su una formula 1 e andare subito forte. E se a quest'affermazione si contesta con frasi tipo "Si, ma il pilota di formula 1 non sa parcheggiare bene come me!", allora è meglio lasciare cadere il discorso con discreta nonchalance....
Ho amici che disegnano e mi parlano spesso di quello che fanno. Ho amici che mi dicono che, siccome non disegno, non posso capire quando uno sa disegnare e quando no lo sa fare.
RispondiEliminaA me questa posizione piace molto perché significa che posso godermi tutte le cose che non so fare illudendomi che siano belle (non so scrivere romanzi, girare film, pilotare un aereo, preparare lo zighinì, ...).
Ho un amico che ha studiato tanto (e continua a farlo), costruisce delle immagini bellissime ma le sue anatomie sono tutte sghembe. E' un narratore pazzesco ma non riesce a disegnare nessuno che non sembri un po' focomelico.
Allora saper disegnare significa qualcos'altro...
Perché Caravaggio, Velasquez non sapevano mica disegnare. Eppure andava bene così.
Panebarco sarebbe stato ammesso a un corso di fumetti?
Izzy@: Il talento o c'è o non c'è dall'inizio:), dopo semmai arrivano le capacità di saperlo valorizzare, che non è sempre detto. Può certamente esserci capacità e addestramento senza talento - io ad esempio non sono "talentuosa", ma ho delle discrete capacità che ho affinato e continuo ad affinare.
RispondiEliminaInfine: Atomic Robo e Bonelli che c'azzeccano?
Attenzione, la Bonelli non è una scuola di fumetto, e inoltre ha una sua linea editoriale molto precisa, con personaggi propri. Disegnatori e sceneggiatori si mettono a disposizione e devono adattarsi a un progetto dato dall'editore - di norma è il disegno realistico narrato attraverso tipi di storie "popolari".
Se io vado e mi propongo con Atomici Robo potrebbero anche dirmi "bello e interessante" (e in Bonelli ci sono certamente redattori e curatori che lo apprezzerebbero), dopodichè mi direbbero che ho proprio sbagliato indirizzo.
Il discorso sulle capacità degli editori italiani di saper accogliere progetti originali e di valore non lo affronto, è troppo complesso e fuori anche dalle mie competenze. Tieni conti che il mercato fumettistico italiano è in crisi da tempo, in deficit di pubblico e di denaro. E' molto facile perciò che autori di talento non abbiano un luogo dove pubblicare i loro lavori, e non perché non vengano apprezzati, ma perché è difficile trovare qualcuno che investa danaro quasi certamente in perdita.
Ciao Giacomo - l'argomento in realtà è potenzialmente infinito, non solo esplosivo:)
RispondiEliminaSpari@: e infatti non mi ci metto neanche a definire cosa è talento o cosa no; qui parlo di saper disegnare, diciamo così, in maniera accademica per un tipo di fumetto popolare - è quello che conosco meglio, ripeto.
Io non ho fatto scuole di fumetto, non è obbligatorio farle per poi arrivare a fare delle cose. Sono sempre esistiti gli artisti fuori dalle regole e "sghembi" - difficile che arrivino a lavorare in Bonelli, all'Eura, alla Disney, in Astorina.
Per fortuna il mondo artistico e fumettistico è vario, come vari sono i tipi di talento, anche quelli inclassificabili e ingiudicabili.
Non credo che bisogna saper disegnare per giudicare se uno è bravo o no, ma certamente aiuta :)
Un saluto a guzio che è passato di qui, e scusate i refusi nei miei ultimi commenti.
RispondiEliminaA me lascia un po' perplesso la gamba sinistra e poi hai disegnato la mano destra con 6 dita!!! No, scherzo, il tuo Nathan Never mi piace!
RispondiEliminaAngelo@: eh eh, ero anche andata a contare le dita del Nathan...
RispondiEliminaIl vero problema è l'inchiostrazione! Avevo disegnato un Braccio di Ferro che casualmente è stato poi inchiostrato da un disegnatore Disney e... me l'ha trasformato! Era diventato assolutamente pubblicabile e professionale!
RispondiEliminaP. Alexis@: ah ah!...no, aspetta, non è una battuta?
RispondiEliminaeh?
RispondiEliminaOvvero: hai veramente fatto inchiostrare un tuo disegno a matita da un disegnatore Disney?
RispondiEliminaSi... ero a casa sua, e...
RispondiEliminaAh!, bene. Certo, l'inchiostrazione è importante ( e difficile), ma se sotto non c'è un buon disegno non si va da nessuna parte, ed evidentemente il tuo era soddisfacente, no?
RispondiEliminaHo tirato fuori Atomic Robo proprio perché non centra nulla con la Bonelli. Alla fine lo hai detto proprio tu: tanti emergenti semplicemente non trovano spazio. Talento o non talento.
RispondiEliminaQuestione sulla quale mi trovo in disaccordo con te :P
Se non insegni a scrivere ad una persona, su che basi puoi dire che quella non ha il talento dello scrittore? Stessa cosa per il disegno, secondo me. Quindi prima del talento, c'è il mestiere.
Argomenti senza fine né scopo. Ognuno ha le sue idee. Sopratutto se si vive ai due estremi delle barricate :)
Izzy@: non capisco su cosa ci troviamo in disaccordo: sul fatto che gli emergenti non trovano spazio? E' così, non c'è spazio, e quel poco che c'è viene affidato da chi non vuole perdere soldi a disegnatori o un minimo affermati o comunque di livello abbastanza professionale. Se il mercato fosse più ampio, se ci fossero più lettori credo che le case editrici investirebbero anche su collane laterali dove far esordire disegnatori interessanti o promettenti, anche se ancora non formati.
RispondiEliminaLe basi di un disegnatore di fumetti sono comuni a quelle di un illustratore o di un pittore o simili: per questo ci sono licei artistici, accademie, scuole professionali.
Lasciamo da parte la questione del talento, che è anche in parte soggettiva, la maggior parte dei disegnatori è dotata di un onesto mestiere, a volte molta bravura. Se si sono fatti studi artistici, se si è sempre disegnato per conto proprio copiando o non copiando, ma insomma esercitandosi facendo fumetti questo permette già a un esordiente di mostrare le proprie capacità - anche certe capacità di base (che non sono talento inteso come genio) si hanno in maniera "naturale", anche senza andare a corsi di fumetto.
Molti disegnatori hanno iniziato come assistenti, come inchiostratori; adesso questa cosa sta scomparendo, anche perchè stanno scomparendo le riviste e i fumetti su cui pubblicare.
I corsi di fumetto possono aiutare a strutturare la propria propensione al linguaggio fumettistico, non possono trasformare una persona scarsa nei fondamentali del disegno e che magari ha iniziato a leggere e disegnare fumetti da poco tempo in un potenziale professionista.
Poi non capisco l'osservazione sul fatto che siamo agli estremi delle barricate: io non sento di essere su nessuna barricata, mi spiace molto che la situazione attuale del fumetto sia questa, sono la prima a desiderare che esistano più luoghi dove poter pubblicare ogni genere di fumetto.
Gli aspiranti scrittori si spera abbiano frequentato con profitto le scuole dell'obbligo e qualsiasi altra cosa che permetta loro di avere padronanza della lingua italiana e della storia della letteratura. Dopodiché uno scrittore si formerà la propria cultura e in base al suo talento (anche qui, o ce n'è un minimo o non c'è) scriverà i suoi libri.
Io se permetti non compro libri o fumetti disegnati o scritti male, non mi piacciono, ma non credo neanche che esistano (o debbano esistere) scuole che ti danno la laurea in "Scrittore" o "Fumettista".
E già. Che bella discussione. Ho disegnato ininterrottamente per anni e molto tempo fa mi ero ripromesso di voler diventare un disegnatore realistico. Ho lasciato quando ho capito che avrei dovuto rimanere attaccato ad una scrivania per otto ore al giorno tutti i giorni per anni, prima di considerarmi abbastanza pronto. E visto che ho cominciato a lavorare abbastanza giovane in un altro settore, il tempo purtroppo è venuto a mancare.
RispondiEliminaLa questione, credo, è che comunque di base c'è chi è più predisposto e chi meno. Quello più predisposto ha dalla sua una serie di elementi (plasticità, buona memoria visiva, gusto estetico, giusti riferimenti esterni) che gli facilitano in parte il compito. L'altro, quello meno predisposto, deve sudare tanto e su tutto. L'anatomia, la costruzione della tavola, i tagli, lo storyboard, lo studio delle ombre, delle masse, delle prospettive e millemila altre, possono richiedere anni di dedizione. Almeno così è per chi vuole dedicarsi appunto al disegno realistico. Chiaramente, poi, puoi prendere un'altra strada, quella della "visione" personale, ma che non è certo priva di tormenti e studio, anzi.
Credo anche che oggi sia un po' più semplice per via degli infiniti stimoli visivi che tanti anni fa mancavano. Se vuoi imparare a disegnare non hai che da guardarti (ben) intorno. Ci sono tanti mezzi e tantissimi appigli ai quali aggrapparti. Cose da guardare, professionisti ai quali ispirarsi, metodi, strumenti.
Che poi, per carità, tutto si riduce a quando prendi una matita in mano e ti ritrovi di fronte ad un foglio bianco.
Una volta De Angelis mi disse che le due tavole che gli stavo mostrando erano belle. Io sapevo perfettamente che non era così, perchè c'erano tante cose che non funzionavano. E lui mi disse che a quello non c'era problema. Bastava continuare a disegnare. Punto.
P.S.: La massa muscolare del tuo Nathan è plastica e perfetta. Mi piace molto anche il volto (sembra un po' Tom Cruise :)
A me sarebbe piaciuto disegnare Topolino, lo confesso. A un certo punto, però, qualcuno disse "in fondo a disegnare Topolino son capaci tutti". Ci rimasi male. Devo dire, stupidamente, che cercai di approfondire il disegno realistico, e così mi snaturai. Non è che il disegno realistico non mi piaccia, lo adoro, soprattutto se è fatto come lo fa Patrizia o Ferri, o Civitelli, o Villa, ecc... Ma non avrei voglia di disegnarlo. A volte penso "ma in fondo ci sono già le foto... non mi stimola disegnare qualcosa che già esiste..." Preferisco i pupazzetti... almeno rido mentre li disegno. Non so se è il mio vero pensiero... forse sono solamente confuso. E poi c'é il mercato che ormai funziona solo con i fumetti realistici. Una tavola di un disegnatore comico costa pochissimo in confronto a quella di un disegnatore realistico, anche fosse uno scarparo. Proprio non mi capacito.
RispondiEliminaL'unica alternativa sarebbero i manga, ma anche lì "è troppo facile disegnarli"...
Luigi@: è vero, questo mio Nathan assomiglia un po' a Cruise, non ci avevo fatto caso! :))
RispondiEliminaDisegnare: nel mio post forse ho dato troppo per scontato che mi riferissi al disegno realistico, specialmente come viene interpretato dalle maggiori case editrici italiane che ne pubblicano il genere (Bonelli, Star Comics). Uno poi può avere un bel segno, essere bravissimo, ma se non si adatta allo standard richiesto non viene "assunto", è così.
Ci sono diversi tipi di predisposizione, tu mi dici Luigi che eri meno portato per il realistico rispetto al tipo di segno che poi ha fatto di te un bravissimo illustratore: è stata una scelta intelligente, ognuno di noi ha dei punti di forza, o un tipo di segno in cui riusciamo ad esprimere il massimo, ed è li che bisogna puntare (sempre nell'ottica che si aspira a fare come mestiere il disegnatore in un mercato molto molto ristretto).
P. Alexis: non so chi ti abbia detto che disegnare Topolino o i manga "sono buoni tutti", tutt'altro! Io non ci riuscirei ad esempio, non prima di aver fatto dei corsi intensivi e non certo brevi, e non so se sarei capace neanche dopo questi studi (anzi, ne dubito, perché non ci sono portata).
RispondiEliminaCertamente tutti (intendendo come "tutti" persone che disegnano, di varia abilità) possono scimmiottare lo stile manga o quello Disney - ma non vuol dire certamente "disegnare" sul serio in quello stile con qualità.
Esiste il fumetto di qualità e quello meno, o molto scarso, o anche brutto: quello di qualità, di qualunque tipo sia (d'autore, realistico, manga, ecc.) è molto difficile da realizzare.
Non so, vai a dire a Cavazzano che è facile disegnare come lui...
In realtà ero meno predisposto, ma qualcosa avrei potuto fare comunque, se mi ci fossi messo con sudore vero.
RispondiEliminaSicuramente, una cosa che ho imparato molto presto, è che un segno meno classico, più rapido o minimale o anche grottesco, non vuol dire "studiare" di meno. La classica frase di quando si era giovanotti ("così lo so fare anch'io") non ha alcun significato. E qui mi rifaccio anche al pensiero di Alexis: Non è facile nessuno stile, a meno che non ci si applichi lo stretto necessario. Men che meno quello Disneyano. Quando scoprii Liniers anni fa, mi misi in testa di poter fare cose del genere. Buco nell'acqua. Bisogna guardare gli altri solo dallo specchietto retrovisore. Mentre invece l'unico problema dei manga, sarebbe quello che, in ogni caso, non ci sarebbe poi una richiesta di mercato adeguata.
P.S.: "Bravissimo illustratore"? Che gentile, Patrizia :)
Post interessante, così come i commenti.
RispondiEliminaPersonalmente trovo tutto anche così deprimente. Ma va bene uguale.
Federico@: be', non va bene uguale; trovi deprimente la situazione del fumetto in generale o qualcosa in particolare?
RispondiEliminaLuigi@: eh, "bravissimo" a mio parere :), però un minimo penso di capirci di queste cose...
RispondiEliminaSarebbe lunga da spiegare Patrizia.
RispondiEliminaLeggo sempre con molto interesse questo genere di discussioni perchè emerge sempre, nel faldone delle cose già scritte e riscritte un milione di volte da altre parti, qualcosa di nuovo.
Un altro pezzetto di verità del "mestiere fumetto" che è sempre stato il mio sogno e che, per un certo periodo, ho rincorso con grande entusiasmo e voglia di fare.
Ogni tanto mi pizzica la mano sinistra (son mancino) e la voglia di rimettermi a far le maratone al tavolo da disegno...ma leggere di questa professione mi deprime sempre di più e soffoca sul nascere ogni mio nuovo ed improvviso moto di spirito "artistico".
Penso al fatto che l'unico vero editore italiano sia Bonelli. L'unico che paghi decentemente un autore anche non famoso. Per "decentemente" intendo che consenta al disegnatore di avere anche uno straccio di vita privata oltre al disegno. Che garantisca le royalities in caso di ristampe. Che consenta all'autore di mantenere la proprietà sulle tavole originali.
Intendo l'unico che garantisca tutte queste cose insieme. In poche parole un mecenate. Uno che scommette (non troppo, via) forte anche perchè naturalmente ne ha i mezzi.
Le altre realtà non consentono (evidentemente per le ragioni di cui sopra) di poter affrontare il fumetto come un mestiere decente senza sacrificare la qualità del lavoro o la salute (leggo di bonellidi realizzati in un paio di mesi, 94 tavole in 60 giorni e anche meno).
Ora considerando il fatto che un disegnatore bonelliano spesso e volentieri rischia di lavorare per mesi/anni su sceneggiature un pò piatte (anche peggio, volendo), frutto dell'estro di un pugno di soggettisti/sceneggiatori (grosso modo sempre gli stessi), a volte anche impegnati su diversi fronti, per logiche industriali che, a volte, proprio non capisco,...ecco mi ritrovo a non sapere cosa pensare di questo mestiere. Sopratutto perchè so benissimo che alla base della maggior parte delle tavole che escono mensilmente ci son tanti anni "da Salieri" e non mesi da Mozart.
Non so se gli autori di fumetti di oggi sono eroi o martiri, masochisti o semplicemente troppo innamorati di questo bellissimo mestiere da accettare davvero di tutto.
Non penso sia il tuo caso, Patrizia.
Amo il fumetto e dentro di me penso sempre che "prima o poi..." ma mi conosco molto bene e so che, a fronte di tutti quegli anni solitari seduto davanti ad un tavolo per intere giornate, ad imparare a disegnare con scioltezza personaggi realistici o funny animals, non riuscirei a completare una storia in cui non credo ma semplicemente perchè ho da pagare le bollette e sopravvivere. Tradurre una sceneggiatura "di maniera" o "di mestiere" che non mi coinvolga per primo, che non mi dia stimoli o lavorare su un character famoso (penso alle property Disney) solo per "l'onore e il prestigio" (oltre all'affetto s'intende)che riuscirei a ricavarne. professionalmente.
Ecco. Alla fine ho scritto un pistolotto. Scusami.
Com'è che diceva Sculz? "Fare fumetti ti distruggerà, ti spezzerà il cuore".
Federico@: capisco ben il tuo pensiero - che dire?, purtroppo le cose stanno così, se si vuole fare questo mestiere a tempo pieno, e sopravvivere, non c'è molta scelta per chi vuole fare qualcosa di diverso dal fumetto seriale.
RispondiEliminaCredo comunque che negli ultimi anni altre case editrici usino lasciare ai disegnatori la proprietà delle tavole, ma non saprei bene quali a dire la verità.
Pensare che io sono arrivata a fare fumetti un po' per caso (intendo professionalmente, che per conto mio non ho mai smesso da quando ho imparato a tenere in mano una matita). Non è mai stato un mio sogno arrivare a fare come mestiere la fumettista, mi sembrava una cosa improbabile, troppo difficile; pensavo che sarei diventata un'illustratrice (e infatti ho iniziato così); che culo, eh? (lo dico senza ironia...).
C'è chi riesce a fare un qualsiasi altro lavoro e poi disegnare nel tempo libero, pubblicare ogni tanto dei volumi, delle cose con piccole case editrici; c'è chi va in Francia (ma anche lì c'è un certo "sistema" a cui adeguarsi), chi invece sfrutta la propria gioventù per lavorare lo stesso nel "campo" per 4 soldi - credo senza molte speranze di aspirare ad altro (la velocità non permette la cura, la crescita del proprio modo di disegnare).
Vorrei poterti dire "non disperare, coltiva il tuo sogno, chissà che un giorno..."; io però sono dannatamente realista, poco incline alle romanticherie. L'unica cosa che posso suggerire è quella di non smettere comunque di disegnare per te stesso; questa cosa non vanifica comunque dei possibili sogni, perchè dovesse presentarsi un'occasione (va bene, sogniamo appena un pochino) fai sempre in tempo a presentare un book aggiornato, di cose tue, cose nelle quali credi, che ti hanno divertito, che ami.
Grazie per quanto mi hai scritto, Patrizia.
RispondiEliminaE' questa tua onestà intellettuale, unita alla concretezza e al garbo, che mi ha convinto a seguirti nel tempo.
Non mi aspettavo di meno ;-)
Magari un giorno capiterà di scambiare quattro chiacchere su questi interessanti argomenti.
Riguardo le scuole del fumetto la penso esattamente come te ma basterebbe ricordarsi che la maggior parte degli autori di fumetti di un tempo (così come quelli attuali) non hanno frequentato scuole simili e si sono formati autonomamente a colpi di "passione".
Certo è che un tempo si andava anche "a bottega" (che oggi potremmo definire "tirocinio professionalizzante", cosa assai utile per mettere le "briglie ai sogni" e confrontarsi con la quotidianità del lavoro e con le richieste del mondo editoriale. Tutto ciò che, da esperienze dirette e indirette avute, le scuole di fumetto non sanno offrire ai loro frequentatori per tutta una serie di ragioni anche etiche.
Questo naturalmente in Italia e in ambito di alta formazione non vale solo per il fumetto.
vorrei "rilanciare" su questo bel post il rapporto foto-disegno realistico. Ho appena ricevuto il libro "Behind the camera" sul metodo di lavoro del grande Norman Rockwell, che si basava appunto sulle fotografie. Se avrò un po' di tempo ne parlerò più esaustivamente sul mio blog. Su fb però c'è un album che ne riporta alcune pagine, sono immagini che effettivamente parlano da sole... http://www.facebook.com/media/set/?set=a.473219610663.287394.104988490663
RispondiEliminaMa no, dicevo che ero in disaccordo solo sul concetto di talento, che difatti hai anche tu definito soggettiva... :)
RispondiEliminaDall'altra parte della barricata nel senso che tu comunque in questo dibattito rappresenti l'autrice affermata, mentre io sono solo un lettore. Sono due fronti comunque opposti. Mi ero spiegato male.
La scuola dell'obbligo sta alla scrittura come il fare educazione artistica alle medie sta al mestiere di pittore.
Scherzo dai! Non volevo farti arrabbiare :P
Izzy@: ah! ah!, no, non sono arrabbiata - sembrava così?...
RispondiEliminaFederico@: spero comunque che continuerai a disegnare:)
Roberto@: grazie molte per il link, aspetto con interesse il tuo post sull'argomento Rockwell. Ci sarebbero diverse osservazioni da fare, così al volo, tipo che pur copiando le foto (dove immagino lui scegliesse soggetti e pose) poi lui le modificava, anche di poco, per rendere le immagini più intense ed espressive.
Non era quindi una semplice riproduzione della realtà, anche perchè lui la ricreava in un certo senso;e segno e colori rendono i dipinti di Rockwell quello che sono poi diventati.
… mi hai tolto le parole dalla tastiera:-)
RispondiEliminaLe foto sono un'arma a doppio taglio. Chi disegna in modo realistico le ha sempre usate, in dosi diverse a seconda dello stile. Col digitale poi il gioco è diventato semplicissimo. Ma un conto è usarle come supporto, un altro è diventarne dipendenti. Mi ricollego al titolo del post dicendo che Rockwell poteva permettersi di basarsi quasi al 100% sulle fotografie per ottenere il maggior grado di realismo proprio perché non ne era dipendente, come hai descritto perfettamente tu. Lo spunto m'è venuto da questo venerabile maestro, che tra l'altro si avvaleva di modelli selezionatissimi e fotografi professionisti (altri tempi), ma l'esperienza quotidiana dei fumettari realistici "mortali" è abbastanza simile: le foto si usano per le pose più difficili o più naturali (che spesso coincidono), con lo scopo di imparare a disegnare meglio anche senza.
Roberto@: tra l'altro la foto sostituisce quello che una volta era il copiare le pose attraverso dei modelli in carne e ossa. Se si fa della pittura o del disegno realistico è innegabile che bisogna partire da lì.
RispondiEliminaIo, causa pigrizia, rarissimamente uso foto per disegnare qualche posa difficile (ma dovrei), però guardo attentamente le pose umane nei film e nelle foto su riviste, come se me le studiassi e cercassi di imprimerle nella memoria.
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RispondiEliminaPat, ho smesso anni fa per dedicarmi all'università.
RispondiEliminaCome ti ho accennato ho smesso di credere nel Sogno (forse anche un pò in me stesso) perdendo la vera spinta interna, quel fuoco sacro del disegnare (e pensare a fumetti) unicamente per il genuino piacere che offre questo gesto (un tempo)quotidiano.
Ma la mano sinistra mi formicola...
Grazie ancora. Ci penso su e intanto continuo a seguire i tuoi racconti e ammirare i tuoi "attacchi d'arte" sul tuo quaderno degli schizzi virtuali.
Tu dici 'spesso l'evoluzione e il miglioramento si bloccano, non vanno oltre un certo livello'
RispondiEliminaE' vero. Secondo me quando succede è perchè manca totalmente il talento. Si arriva a saper evitare gli errori più grossolani, e poi? Basta. Per il resto è tutta questione di talento, e sfortunatamente io sono una 'senza talento' che non andrà oltre. Al liceo artistico sono sempre stata la peggiore nel disegno, oltre che l'unica della classe con punteggio negativo, e ironicamente ero una delle poche che disegnava anche fuori dai corsi. Il professore diceva sempre che ero un caso senza speranza.
Betty edwards non serve a nulla. E' solo copia passiva, se si prova a disegnare qualcosa dalla propria testa si nota che non si è migliorati di una sola virgola.