E' noto a tutti il problema della bassa natalità che interessa diversi paesi dell'Europa e anche di qualche altra parte del mondo (il Giappone, ad esempio).
Su Internazionale n. 759 (uscito il 29 agosto) c'è un articolo di Russel Shorto che approfondisce la questione, e che mette in luce alcuni apparenti paradossi: uno di questi è che le nazioni considerate più "familiste" (e in cui la donna lavora meno fuori casa) il tasso di fertilità è tra i più bassi al mondo (Italia, Grecia, Spagna).
Qui in Italia spesso si sente dire che le donne fanno meno figli anche perchè hanno questo smodato desiderio di rendersi indipendenti e voler lavorare, anzi, alcune di loro ambiscono anche a fare "carriera", trascurando i loro doveri principali (occuparsi dei figli, della casa, del marito).
Lasciando stare queste opinioni, forse minoritarie, ma che stanno assumendo una certa rilevanza - trascinate assieme ad altre opinioni retrive nel calderone delle battaglia di retroguardia dei neocon - si sa che il problema di allargare la famiglia è di origine soprattutto economica, specialmente là dove lo stato non mette a disposizione delle famiglie strutture apposite a gestire questa nuova società, dove la donna ha pieno diritto di realizzarsi anche al di fuori dell'ambito familiare.
Non a caso i paesi del nord hanno un alto tasso di fertilità, e il più alto tasso di occupazione femminile; come mai? Forse perchè lo stato aiuta la famiglia, le donne? O forse anche perchè l'uomo partecipa molto più che nei paesi "familisti" del sud alle faccende considerate di pertinenza femminile? Quest'ultima ipotesi ha più peso di quel che sembra.
Un sondaggio di Eurobarometro del 2006 svela che le donne europee intervistate vorrebbero avere una media di 2,36 figli: molto più del 2,1 necessario ad assicurare la stabilità di una popolazione.
Qui in Italia ci sono diversi ostacoli al mettere al mondo e crescere più di due figli: scarsità di strutture statali per i bambini, minori stipendi delle donne a parità di mansione, scarso aiuto da parte del partner, tarda età delle donne che hanno il primo figlio - derivante dalla situazione tipicamente italiana per cui le case costano troppo, e gli stipendi iniziali sono bassi, con lunghe gavette; le famiglie si formano tardi, per forza di cose.
Aggiungiamo anche il fatto che certe coppie sono ostacolate nel loro desiderio di procreare (quelle con problemi di sterilità, ma non corrispondenti all'idea "sacra" di famiglia della Chiesa cattolica), o addirittura dissuase dal farlo (le coppie omosessuali).
L'articolo è molto più interessante di questo mio piccolo sunto; a chi volesse recuperarlo consiglio di andare nelle biblioteche con emeroteca e di ordinare l'arretrato.
questo video, realizzato nella promozione di una maggiore accettazione sociale dei bambini in Germania. Dato che la legalizzazione dell'aborto in questo paese, i bambini sono stati valutati meno. Dopo la campagna, il tasso di natalità è cresciuta. Credo che qualcosa di simile a quella in Europa. Anche in Italia.
RispondiEliminahttp://es.youtube.com/watch?v=3r35Tb5FZQo
Santiago Chiva (Granada, Spagna)
Ho visto il video, niente da dire, ma credo che le donne tedesche non siano state invogliate a fare più figli solo grazie a una semplice "campagna", ma anche da politiche sociali più efficaci e da aiuti economici.
RispondiEliminaNon so cosa voglia dire poi che dopo la legalizzazione dell'aborto i figli siano stati valutati meno. I figli dalle donne (e dagli uomini) vengono "valutati" secondo molti parametri - l'epoca storica in cui si vive, la cultura, la sicurezza economica, ecc.
L'esistenza dell'aborto legale non dà più o meno valore a un figlio, è la consapevolezza e la responsabilità che permettono di amare e far crescere dei bambini in tempi difficili come questi.