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Attenzione: NON faccio scambio link e banner - grazie! Vendo tavole originali dei miei lavori bonelliani e realizzo disegni su commissione (per info p.mandanici@gmail.com)



giovedì 16 agosto 2012

Intervista a Luca Malisan: disegnare per la Francia con Manga Studio -2

La prima parte dell'intervista a Luca Malisan si trova qui.

Nonostante l'agosto inoltrato ho avuto un quasi record di visite per il post con la prima parte dell'intervista a Luca: questo mi dà ragione per la mia ipotesi che vacanze o no le persone quest'anno sono un po' più "collegate" rispetto al solito; inoltre credo che le risposte di Luca abbiano suscitato molto interesse.
In questa seconda parte di intervista si parla di template, dpi, strumenti tecnologici, mercato francese, ebook readers, ecc.; volendo si poteva andare avanti con domande e risposte all'infinito, ma Luca ha anche una famiglia e io in effetti devo tornare al lavoro! Ma non finisce qui...prima o poi con Luca mi piacerebbe approfondire certi temi o affrontarne di nuovi, è un piacere parlare con qualcuno così disponibile e con cui sento molte affinità di pensiero.

[cliccare sulle immagini per ingrandirle]

D:  Domanda tecnica da disegnatrice curiosa: che misure usi per il template della tua tavola? A che risoluzione? In quale formato le esporti?
R:  In Francia ogni collana ha le sue misure, quindi aspetto che l'editore me le fornisca per crearmi un template apposito. Preferisco sempre ragionare sulla pagina finita, quindi il mio template è sempre corrispondente alle dimensioni fisiche dell'album. Dovendo fare delle tavole di prova per Bonelli (le ho appena fatte, incrocio le dita!) ho creato questo template:


Non sono sicurissimo di queste dimensioni (135x190mm per la “griglia”), le ho ottenute misurando le tavole di vari disegnatori e facendo una media. Se il lavoro andrà mai in porto, credo che mi faranno avere le dimensioni esatte! ;-)
Il formato in cui esporto è TIFF in bianco e nero. E separo il testo dal disegno, vale a dire che faccio l'esportazione due volte: una volta con il segno ma senza il testo (così ho la tavola con i balloon vuoti, che è più comoda da colorare), e una seconda volta con il solo testo (quindi ottengo un file quasi completamente bianco, solo con le letterine qui e là).
Siccome lavoro a dimensione effettiva di stampa, uso la risoluzione di 1200dpi. In Francia diversi editori stampano il segno davvero a 1200dpi, e la qualità si vede, soprattutto con tratteggi e segni sottili. Per il colore invece bastano 300dpi, quindi all'editore spediamo 3 files per ogni tavola: uno con il segno a 1200dpi in bianco e nero, uno con il colore a 300dpi in quadricromia ed uno con i testi a 1200dpi in bianco e nero. Poi loro sovrappongono il tutto.
Ecco un esempio per spiegarmi meglio:


D:  Molti disegnatori sono diffidenti verso il disegno digitale (e non parlo di chi legittimamente si trova bene con la carta e vuole continuare a disegnare su questo supporto - anzi, sono ben contenta di poter continuare a vedere tavole originali nelle mostre), mentre diversi lettori pensano che il segno digitale possa essere freddo e “meccanico”. Guardando i tuoi disegni non si direbbe affatto, così come per i disegni di tanti altri disegnatori che hanno iniziato a inchiostrare digitalmente: cosa ne pensi?
R:  Cerco di essere fresco e dinamico, anche perché la principale critica che ricevo è proprio quella di essere rigido. Ho ancora molta strada da fare, devo acquisire una sicurezza che ancora non ho raggiunto in tutti gli aspetti necessari. Tuttavia secondo me non è questione di strumenti, ma proprio di abilità personale. Paradossalmente trovo che il mio disegno sia più morbido proprio da quando lo faccio del tutto digitalmente: la serenità del fatto che ogni segno digitale è annullabile mi rende più sicuro rispetto alla carta, dove ogni tratto di china è “per sempre”.
Inoltre non ero per niente soddisfatto degli strumenti manuali: anni ed anni fa avevo trovato dei pennini che mi piacevano, ma ad un certo punto era diventato così difficile trovarli che mi sono chiesto: «ha senso che abbia vent'anni e che sia già ridotto così male da dover essere legato a pennini in via d'estinzione e debba fare chilometri per trovarli? a 50 anni che faccio?».
E i vari tipi di pennarelli, che continuo a provare, sono davvero “poveri” di espressività per i miei gusti. Coi pennelli andrebbe meglio, ma ci vuole grande esercizio zen per controllarli, e dovrei disegnare su fogli A2 per fare i dettagli che amo. Poi c'è la questione del “disegnare col bianco” che su carta è sempre difficile... Insomma, per ora trovo molta più varietà espressiva negli strumenti digitali che non nell'inchiostro su carta.
Inoltre per me non è stato questo gran stravolgimento perché da sempre ho usato il computer nel disegno, fin dagli inizi. Ormai ho fatto molte più tavole digitali che non di carta.
Comunque alla fine mi piace sempre fare una bella stampa su cartoncino A3 delle tavole, perché solo lì riesco ad avere il colpo d'occhio “vero” di quel che ho fatto: il “potere risolutivo” della carta riesce a fornire contemporaneamente la vista d'insieme e il dettaglio, nello stesso istante. Su monitor i pixels sono ancora troppo grossi: o fai zoom e vedi il dettaglio, o metti la pagina a schermo intero, ma allora non vedi bene i dettagli. La carta è ancora superiore, anche se credo avremo monitor “quasi carta” nel giro di 5 anni, ad occhio e croce. Vedremo.


D:  Hai ragione, per adesso rimango ancora un po’ delusa dalla resa a schermo del disegno quando questo viene ingrandito: i pixels danno fastidio anche a me. Mi domando se gli schermi retina potranno migliorare ad esempio il lavoro dei disegnatori digitali. A proposito di strumenti di lavoro, qual è il tuo rapporto con la tecnologia?
R:  Rapporto molto piacevole, la tecnologia rimane il mio hobby, quindi mi piace costruire da solo i computer dello studio, seguire le evoluzioni tecniche e programmare soluzioni software per le cose ripetitive o automatizzabili.
Uso una tavoletta Wacom Cintiq 24HD, le ho appiccicato una piccola tastiera in altro a sinistra, perché lo schermo è davvero enorme e occupava tutta la scrivania. Ho poi un tastierino Logitech G13, che è utilissimo e in ufficio usiamo tutti: ci appoggi sopra la mano sinistra (con la destra tengo la penna) e ha una trentina di tasti completamente personalizzabili, ai quali ho assegnato le combinazioni di tastiera che premo più spesso. In questo modo disegno e coloro molto rapidamente. Poi ho anche un mouse 3D che uso per navigare nei programmi di modellazione tridimensionale.
Sopra alla Cintiq ho anche un monitor Eizo di alta qualità, perché in Francia hanno standard tipografici davvero alti ed è fondamentale che quel che si vede a video sia il più vicino possibile alla resa in stampa. Le Cintiq sono buone, ma non ottime (soprattutto la 12wx ha dei colori troppo caldi). Inoltre ci tengo il pannello navigator di MangaStudio e Photoshop, in questo modo alzando gli occhi ho sempre il colpo d'occhio della pagina intera (mentre sulla Cintiq ho lo zoom sulla singola zona che sto disegnando/colorando). Ho anche una Intuos 5 piccola, che usa la stessa penna della Cintiq ed è “mappata” sul secondo monitor. Così raggiungo facilmente gli elementi su entrambi i monitor, passando semplicemente la penna dalla Cintiq alla Intuos e viceversa. Ce l'ho da poco, devo ancora approfondire e sfruttare il touch, che forse potrà trovare la sua utilità.
Sono ancora in cerca della soluzione perfetta, perché ho la Cintiq 24HD solo da inizio anno, ed è stata una rivoluzione, perché è davvero troppo enorme e mi ha obbligato a spostare e ripensare tutto quanto (e il cambio di posizione mi aveva anche fatto venire mal di schiena).
La mia postazione precedente era più sgombra, simile a quella attuale dei miei due colleghi: una Cintiq 12WX (molto più pratica, tuttavia un po' piccola per disegnarci, quando occupata dai vari pannelli di MS o Photoshop), il solito monitor secondario “serio”, la tastierina G13, tastiera normale e mouse.


D:  Invidio molto la tua competenza tecnologica! Ignoravo completamente l’esistenza di “mouse 3D” - dovrò informarmi. Io ho provato tempo fa la Cintiq 12 pollici, non mi sono trovata a mio agio perché mi dava fastidio il pur minimo spessore dello schermo che divide la punta della penna dalla “carta” virtuale; mi sentivo un po’ sfasata nel disegnare. Non so se con la pratica questa sensazione avrebbe potuto andare via; alla fine sono rimasta con la mia fedele Intuos, da poco ho comprato la Intuos 5 Touch, ha grandi potenzialità ma mi rendo conto che ci vuole più attenzione e pratica che con la vecchia Intuos: non sempre le gesture vengono rilevate, è una cosa che devo appurare se è possibile correggere con i settaggi o se è il mio modo di toccare la tavoletta (oltretutto provengo da una Wacom a cui avevo rovinato la superficie, per cui ci avevo applicato un foglio di un materiale plastico un po’ morbido: adesso devo riabituarmi alla superficie più dura della nuova Intuos). Domanda sulla conservazione delle tavole digitali - ovvero dei file: come siete organizzati in studio per stare tranquilli in questo senso?
R:  Lo sfasamento non mi dà particolare fastidio anzi, tendo a tarare la Cintiq in modo da avere qualche millimetro di distanza tra la punta della penna e il cursore, altrimenti in alcune situazioni (per esempio nell'area in alto a sinistra, per me che sono destro) la penna o le mie dita tenderebbero a coprire il cursore. Non mi dà più fastidio di quanto me ne potrebbe dare la lunghezza delle setole di un pennello. Gli occhi osservano il cursore, non la punta della penna, che è poi lo stesso atteggiamento che si ha con la tavoletta “classica”, in cui si osserva il cursore a schermo e si muove la mano “altrove”, solo che con la Cintiq tale distanza è ridotta al minimo (ma non a zero, appunto). Ovviamente serve un po' di esercizio, ma vale per qualsiasi strumento, e la differenza di precisione rispetto all'uso di una tavoletta “classica” è enorme. Non riesco a disegnare con la Intuos, mentre per colorare mi va benissimo.
Riguardo alla sicurezza dei dati, siamo paranoici! :-D Non stanno sui nostri computer “personali”, ma su un server centrale; in questo modo tutti hanno a disposizione e condividono sempre tutti i dati. Inoltre così centralizziamo in un unico posto i vari backup. Il server ha due dischi mirror (RAID 1, per i tecnici): in ogni istante i dati sono scritti su due dischi identici, se uno si guasta basta sostituirlo e il lavoro non si ferma. Inoltre Windows salva automaticamente varie versioni del file (così se hai salvato dopo aver fatto un errore, puoi provare a “tornare indietro”). Poi, ogni sera, viene fatto automaticamente un backup di tutto quanto su una coppia di dischi (usati a giorni alterni) che si trovano in un'altra stanza (furti, allagamenti, terremoti, cerchiamo di ridurre al minimo i rischi).
Periodicamente (ogni paio di mesi), copiamo il materiale d'archivio (cioè i lavori completati e non più utili) in due dischi che teniamo uno io a casa mia e uno il mio socio a casa sua. Il Friuli è zona sismica, con tempo medio di evento grave di 30 anni, quindi dal 1976 è già in ritardo, e può arrivare da un momento all'altro! ;-D
Inoltre, da qualche tempo ci siamo iscritti ad un sistema di backup online, che tiene copia dei "lavori in corso" su internet, come ulteriore sicurezza.
Come vedi, paranoia totale! D'altra parte, dall'inizio dell'anno, ci si sono rotti già 2 dischi sui vari computer. E nella mia vita ne ho visti "partire" a decine. Non voglio che il mio lavoro (e neanche le foto delle mie ferie, se è per quello), vadano in fumo.
Nonostante tutte le accortezze, capita comunque ogni tanto (raramente, eh!) di buttar via del lavoro perché si è stati distratti e, per esempio, lavorando l'ultima vignetta della tavola ci si accorge di aver rovinato per errore le precedenti. E in quei casi non c'è backup che tenga! Ci si arrabbia moltissimo poi, essendo in compagnia, spesso si finisce per riderci su... ;-)

D:  Completamente d’accordo sulla vostra paranoia (e spero che in caso di terremoto i danni siano contenuti, confido nel fatto che almeno in Friuli la ricostruzione dopo il 1976 sia stata fatta come si deve). Personalmente ho un disco esterno in cui faccio un backup completo ogni 3 ore (o quando lo decido io, a fine sessione di lavoro); a fine giornata i disegni su cui ho lavorato vengono salvati su chiavetta usb. Da qualche tempo la “story” su cui sto lavorando l’ho copiata e sincronizzata in tempo reale su Dropbox (solo quel file, che non è neanche la storia completa poiché io la divido in 3 parti almeno), in maniera da avere una copia anche degli ultimi 5 minuti di lavoro in caso di fusione del Mac! Ho un altro disco esterno su cui faccio dei backup dei dati ogni settimana. Adesso sto copiando tutto su vari dvd che voglio portare dai miei a Roma e lasciare lì, e così farò periodicamente quando andrò a Roma, in maniera da avere i miei dati in altro luogo fisico.
Torno a farti una domanda tecnica: più sopra hai menzionato il fatto che in Francia hanno alti standard per la stampa, e che usi uno schermo di marca Eizo; non conoscevo questi schermi, sono anche ignorante in fatto di colori, calibrazione degli stessi, ecc. (si vede che non sono una colorista). Quindi ti capita anche di colorare delle tavole? Lo schermo di cui parli costa molto? Infine: io ho un iMac 21 pollici, in realtà ignoro la sua affidabilità in materia di colori (ma so per certo che lo schermo lucido con i suoi riflessi non è il massimo) - magari hai colleghi che hanno un Mac, oppure ne hai sentito parlare, ma sai per caso se il mio schermo è decente per lavorarci a colori oppure no? A fine 2014 dovrò sicuramente colorarmi la copertina del Nathan Never gigante!
R:  Eizo è solo un produttore come altri, per quanto famoso per la qualità dei suoi schermi “per la grafica”. Tanto per non pubblicizzarne uno solo, ci sono anche NEC, Lacie, alcune linee Samsung, Dell, Apple, Asus, e anche altri. Il prezzo di uno di questi monitor “buoni” è in genere tra i 600 e i 1000 Euro, ma per i migliori si arriva anche a 2000E-3000E (ma non siamo così pazzi, né così ricchi!).
La “qualità” di cui parlo è la capacità di riprodurre tutti i colori che la stampa può produrre, e di farlo il più esattamente possibile. Cerco di spiegarmi: il file digitale che si consegna all'editore (e alla tipografia) contiene dei “numeri”. Tali numeri corrispondono a dei colori ben precisi nella realtà. Un monitor cerca di realizzare il colore corrispondente al tal numero accendendo delle luci dietro un vetro, mentre la stampa cerca di rappresentare lo stesso colore “sporcando” nel modo giusto un foglio bianco (che rifletterà la luce dell'ambiente nel quale il libro viene letto). Nessuno dei due metodi è perfetto ed è in grado di “creare” il colore “vero”, ma l'importante è cercare di avvicinarsi il più possibile. Supponiamo che la tipografia faccia un buon lavoro (cioè prende i tuoi “numeri” e li trasforma nei rispettivi colori con pochissimo errore): spetta a te fornirgli i numeri “giusti”. E come fai tu a scegliere i numeri? Ovviamente guardi il tuo monitor e scegli quelli che ti piacciono. Se per esempio succede che il tuo monitor è “sbagliato” e “scalda” i colori, tu potresti scegliere un bel giallo caldo per dei capelli biondi, ma è caldo solo per te, perché il tuo monitor te lo mostra così. E invece il “numero sottostante” corrisponde ad un giallo freddo, buono per i limoni ma decisamente fuori posto nei capelli.
Aggiungi che la maggior parte dei monitor “da centro commerciale” (e quelli del 99% dei PC portatili, tanto diffusi), mostrano colori che cambiano in base all'angolazione della tua testa, e come si fa?
Un monitor di qualità ha dei colori che non cambiano in base all'angolazione con cui li si guarda (parametro detto “angolo di visione”), è in grado di mostrare molti colori, in particolare tutti quelli della stampa (parametro detto “gamut”), ed è tarato decentemente fin dalla fabbrica in modo da essere il più fedele possibile. Inoltre i monitor tendono a cambiare i loro colori nel tempo (le luci tendono ad ingiallire ed affievolirsi con l'uso), e ogni tanto (1-2 mesi) vanno calibrati con un apposito aggeggio (calibratore, o colorimetro).
In questo modo sei sicura che quando scegli un colore sul tuo monitor, hai scelto il “numero” più corretto possibile rispetto a quello che desideri. Quindi poi puoi dare la colpa alla tipografia se il risultato ti sorprende. ;-)
Senza essere troppo maniaci, puoi semplicemente controllare di avere un monitor con un buon angolo di visione (sposta la testa, soprattutto in direzione alto-basso e controlla che i colori rimangano immobili e non appaiano aloni). L'iMac ha un buon monitor se non ricordo male, la scomodità principale è che è “tutto in uno” con il computer, quindi non puoi cambiarlo se non ti soddisfa.
Se conosci qualcuno che te lo può prestare, fai la calibrazione con un colorimetro (costa circa 100- 200E, quindi comprarlo solo per un disegno a colori ogni tanto sarebbe uno sproposito!), vale davvero la pena, perché purtroppo la maggior parte dei monitor, anche buoni, non sono calibrati correttamente e mostrano colori molto “distorti”, spesso eccessivamente forti (perché la gente, quando li guarda al centro commerciale, sceglie quelli coi colori più vivaci). Quindi poi ci si stupisce perché le stampe paiono “smorte”.
Ovviamente se il file della tua copertina passerà poi per altre “mani” che lo ritoccheranno prima di andare in stampa, il risultato dipenderà anche da questi ulteriori passaggi.


 Tavola da "Le Voyage de Sagittaire", edizioni Delcourt, non ancora uscito, testi di E.Corbeyran, colori di Paolo Francescutto

La tavola in bianco e nero con il disegno di Luca Malisan



D:  Mi hai accennato al fatto che abbiamo idee simili in fatto di uso degli ebook: hai un reader? Di che marca? Come lo usi - e in generale che abitudini di lettura digitale hai?
R:  Ho un Sony Touch da 6 pollici, il “vecchio” modello PRS-650, e mi ci trovo davvero bene. Ce l'ho ormai da qualche anno e ci ho letto libri per decine di migliaia di pagine. Lo trovo un dispositivo migliore del libro di carta per diversi aspetti, in particolare per la lettura di saggistica e romanzi, perché si tratta di letture che so di fare una volta sola, e la versione cartacea occuperebbe inutilmente posto in casa (già i traslochi sono stati una faticaccia!).
E' molto pratico per leggere “al volo”, con una mano sola mentre faccio altre cose, è robusto, piccolo, leggero e “tiene il segno” da solo, quindi riesco a leggere molto di più di prima, anche nei piccolissimi ritagli di tempo. Senza contare la comodità di acquistare i libri istantaneamente, a qualsiasi ora del giorno e della notte (vivo in un paesino di campagna, le poche librerie ben fornite sono a mezz'ora di macchina da casa).
Purtroppo gli editori non hanno ancora capito che il “prodotto libro digitale” è diverso dal “prodotto libro cartaceo”, e che ci sono persone come me che davvero preferiscono il primo al secondo (pensiamo anche a persone con problemi di vista, o di mobilità per raggiungere le librerie, ecc.). In alcuni casi ho evitato di acquistare un libro che mi interessava, proprio perché non disponibile in digitale; ho rinunciato a leggerlo, punto.
Mi piace fare un'analogia con candele e lampadine: la nascita delle lampadine non ha cancellato le candele dalla faccia della terra, ma ovviamente ci sono dei casi in cui una candela ha senso e una lampadina no (sulla torta di compleanno, durante un blackout...), e altre in cui vale il viceversa (far luce in cantina). Entrambe servono a far luce, una è un'invenzione più recente dell'altra, ma non è migliore, né in competizione, semplicemente ognuna ha i suoi punti di forza e punti deboli.
Le edizioni illegali avranno sempre diffusione se gli editori, come adesso, si rifiutano per scelta di mettere a disposizione la versione digitale. Siccome sono un autore, ho una sensibilità maggiore sull'argomento e possiedo dei “freni morali” che mi fanno evitare l'illegalità, ma non ci si può aspettare lo stesso atteggiamento da parte di tutti quanti.
Inoltre noto spessissimo che molti editori non curano l'edizione digitale, e mettono in vendita (a pagamento, con protezioni e tutti i crismi della legalità!) edizioni pessime, come saggi in cui i link alle note non sono cliccabili, o con i numeri di pagina (della versione cartacea) che compaiono all'improvviso in mezzo al testo e mille altre strafalcioni. A volte le edizioni illegali sono curate meglio.
Quindi sono molto soddisfatto del mio reader, ma il materiale in italiano con il quale riempirlo è ancora poco, eccessivamente costoso e di scarsa qualità. Nonostante questo, lo uso almeno una decina di minuti ogni giorno.
Non uso però il reader per leggere fumetti, troppo piccolo, il cambio pagina è lento, e la risoluzione è bassa per apprezzare dei disegni. Il tablet va meglio per il fumetto, soprattutto per i manga che hanno pagine piccoline, e lo uso anche per la lettura di siti internet, giornali online, blog... anche questa è “lettura”.
 Di solito per i fumetti (e in generale per il libri d'arte, fotografia e quelli dove le immagini hanno un peso importante) preferisco ancora la carta, perché ad un prezzo relativamente basso offre impareggiabile risoluzione, resa e qualità, un supporto duraturo ed affidabile, e la possibilità di essere rivenduto quando non più utile. Il digitale è ancora molto indietro su questi punti (che comunque per romanzi e saggi non trovo importanti).

D:  Puoi raccontarci un po’ della tua esperienza professionale in Francia? Ormai da vari anni lì si è costituita una specie di piccola colonia italiana, so che alcuni disegnatori italiani hanno la speranza di poterci lavorare, un giorno, ma immagino che non sia facile. Qui tanti si lamentano della gabbia bonelliana e delle cose che non si possono fare a livello creativo, ma guardando i cartonati francesi mi viene da dire che i paletti, le regole ci sono anche lì.
R:  La mia esperienza in Francia è bellissima, mi dà molte soddisfazioni. Purtroppo è anche (quasi!) la sola che conosco, quindi faccio un po' fatica a descriverne le differenze con l'Italia, per scarsa esperienza di quest'ultima... ;-)
Non conoscevo il mercato di fumetti in Francia, avevo solo letto molti Asterix da bambino, in biblioteca. Poi un giorno, ad un RiminiComix di almeno 10 anni fa, mostrando i miei lavori a colori da principiante alla tua collega Lola Airaghi, mi son sentito dire: «mi pare che colori bene, in Italia i fumetti a colori sono pochi, ma mi hanno detto che in Francia invece ce n'è molti, prova ad informarti...». Dopo questa prima “rivelazione” il secondo contatto con la Francia è avvenuto nel 2004: in un annuncio su Internet, Emanuele Tenderini cercava coloristi per “una serie a fumetti per il mercato francese”. Ho spedito le mie prove, che sono piaciute, anche se poi il lavoro non è andato in porto. Tenderini mi ha poi presentato ad Andrea Mutti, anche lui “italiano in Francia”, che cercava un colorista. Fatte le prove, piaciute, ho avuto il mio primo contratto da colorista, da cui è partito tutto. Mutti è diventato mio amico e mentore, mi ha dato consigli, e dato l'esempio di spirito e la grinta, non gli sarò mai abbastanza grato. Da allora ho cercato sempre di comportarmi bene, con qualità e consegne, e la cosa per ora ha dato i suoi frutti.
Credo di aver avuto la fortuna di approdare in Francia poco prima della crisi (generale, e del settore). Adesso probabilmente è più difficile “entrare”, perché gli editori sono meno disponibili a rischiare. Da diversi anni ormai vado annualmente al festival del fumetto di Angoulême e, mentre qualche anno fa c'erano effettivamente alcuni drappelli di aspiranti autori italiani, nelle ultime edizioni si erano moltiplicati e ce ne sono moltissimi. Ho un buon rapporto con gli autori francesi quando ci si incontra ai vari festival, tuttavia immagino che più di qualcuno veda con fastidio questa immigrazione (non ci sono solo gli italiani, ma anche molti spagnoli, e anche dall'est Europa, dalla Cina, dall'India). Il mercato franco-belga è grosso, ma grazie ad Internet non ci sono frontiere, io sono in concorrenza anche con autori che abitano in paesi in cui il costo della vita è un decimo di qui. Per fortuna la concorrenza è sana e positiva, basata sulla qualità: gli editor sono competenti, e i lettori esigenti. Io faccio il possibile, cerco di parlare francese, rispettare le consegne, fare un buon lavoro, andare d'accordo con tutti.
Dell'esperienza francese mi piace proprio questo aspetto totalmente “meritocratico”: il prossimo contratto va sempre conquistato. E' un po' stressante e non so se manterrò questa opinione per tutta la vita, ma per ora è una vera soddisfazione quando ricevo gli apprezzamenti di sceneggiatori ed editor, e quando ottengo un nuovo incarico, perché non è cosa scontata.
Dal punto di vista creativo in Francia viene posto l'accento sugli autori più che sui personaggi, in modo non troppo diverso da quel che da noi succede nella letteratura: i lettori affezionati aspettano il prossimo libro di Michael Connelly, più che il prossimo capitolo delle avventure dell'investigatore Harry Bosch, e così mi par funzionare per le serie a fumetti in Francia. Ovviamente l'autore più importante è lo sceneggiatore, la storia è sempre la prima ad essere giudicata dai lettori. I paletti e le regole ci sono, e ci sono editor e sceneggiatori ad imporle e farle rispettare. Le modifiche al disegno possono essere chieste dall'uno o dall'altro. La maggior parte delle volte sono sensate, e semplicemente seguo i consigli. A volte sono più convinto della mia idea, allora la spiego e se ne discute, fino a trovare una soluzione che accontenti tutti. Nessuno che non sia un autore mette mano alle tavole: mi occupo io anche degli eventuali refusi tipografici nel lettering. I file che
invio vanno in stampa esattamente come sono, c'è molto rispetto. Mi sono sempre trovato bene con gli editor, mi hanno sempre dato le giuste dritte e anche le corrette “bacchettate”, trovo fondamentale avere qualcuno che osserva con cura quello che fai e ti aiuta a migliorare.
In Francia il fumetto è un prodotto “da libreria” e ci sono quasi una decina di grosse case editrici di fumetto (delle dimensioni delle nostre Einaudi e Mondadori), che si fanno sfrenata concorrenza, con un parco di lettori enorme di tutte le età (in Francia circa un libro su 3 venduti è un libro a fumetti). Quindi trovo ovvio che vi siano strutture e abitudini molto diverse, non voglio assolutamente dire che gli editori francesi siano migliori di quelli italiani. Anche perché i numeri di Bonelli sono talmente enormi che mi smentirebbero immediatamente! Non credo esista nessun editore al mondo, se non forse in Giappone, che produca mensilmente il numero di tavole che produce la Bonelli, con tali standard di qualità e tali volumi di vendita.
Non ho esperienza di lamentele sui “paletti creativi” in Italia, ma non mi pare il caso di dare la colpa alla Bonelli di “imporre la gabbia bonelliana”. Lo può fare con i propri autori (e se lo fa, immagino ci sia un motivo), ma qualunque altro editore è libero di fare i propri libri in modo diverso, e infatti molti lo fanno.
In ogni caso uno dei miei obiettivi è disegnare anche per qualche casa editrice italiana, perché è strano far fumetti tutto il giorno, ma non poter dare a nessuno dei tuoi conoscenti una copia in cui possono leggerti in italiano! :-D
Ringrazio moltissimo te per lo spazio che mi hai concesso, e i lettori per la pazienza!

Bellissima e interessante chiacchierata, sono io che ringrazio Luca - tra l'altro in privato mi ha mandato un sacco di consigli su come gestire la risoluzione in dpi di una pagina, su come poter calibrare il monitor, ecc.: al suo confronto mi sento una principiante in queste cose - per non dire peggio.
Luca Malisan ha anche colorato degli albi italiani, metto di seguito alcuni link:

- Crimini finanziari
- Progetto cold fusion. La sindrome di Caino: 1
L'opera in nero. La sindrome di Caino: 2

Si può trovare in vendita in digitale la sua storia scritta e disegnata per la 24H di fumetto, formato mobi, qui (una storia scritta, disegnata e anche colorata in 24 ore e con ottima qualità: non so come abbia fatto!).






5 commenti:

  1. Ciao Pat, ho un piccolo problema com la mia tavoletta grafica economica NGS cadboy , all'improvviso le line sui fogli di manga studio appaiono sbiadite , devo premere molto per far vedere la linea, mentre ieri andava benissimo, puoi dirmi qualcosa al riguardo...grazie mille....
    Gerardo.

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  2. sarà un problema della penna? si sarà consumata?
    devo premere con forza sopra la tavoletta per far vedere un segno nitido...
    grazie

    Gerardo

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  3. Non saprei, non conosco la marca della tavoletta, con la mia Wacom non mi è mai successa una cosa simile. A volte può succedere che la tavoletta sembri andare in tilt, in quel caso basta un riavvio del computer, oppure una reinstallazione dei driver della tavoletta.
    Il consumo della punta della penna non credo c'entri niente - ma come detto non conosco questa marca e non saprei dirti per certo...Sembrerebbe un problema della tavoletta, di software o di driver.

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  4. Grazie mille Pat, appena ho un pò di soldi in più, compro una wacom bamboo per iniziare, penso dipenda dal software di disegno...

    a presto...

    Gerardo

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  5. Con la Wacom vai sul sicuro, spero riuscirai presto ad accumulare i soldini necessari :)

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Attraverso i commenti io vengo a sapere solo il nome che è stato indicato dal commentatore, nient’altro. Se qualcuno vuole che io tolga i propri commenti può scrivere a p.mandanici@gmail.com e provvederò alla loro eliminazione.